Titolo originale: August: Osage County
Regia: John Wells
Anno: 2013
Origine: USA
Durata: 130’
La riunione della famiglia Weston, causata dal suicidio del patriarca Beverly, poeta alcolizzato e insegnante in pensione, diventa l’occasione per far emergere rancori, conflitti e segreti.
Fuori: campi e praterie sconfinate, cieli azzurri e luce accecante. Dentro: vecchi mobili e libri, tende tirate e buio. Su tutto, l’afa di agosto, una cappa di caldo soffocante che rende insofferenti e astiosi.
Per tutto il film, lunghe scene di dialoghi in interni si alternano a inquadrature in campo lungo o lunghissimo del paesaggio esterno: le prime caratterizzate dagli ambienti angusti e chiusi della casa dei Weston, che accentuano il senso di soffocamento, mentre i secondi da una luce nitida e da spazi ampi e vuoti.
In un contrasto che consente di attenuare l’impianto teatrale della storia – tratta dalla pièce di Tracy Letts, anche sceneggiatore – e che, allo stesso tempo, rivela uno sguardo quasi sarcastico sulla storia e i personaggi. Al centro dell’attenzione la figura della madre, Violet (Meryl Streep), e il suo rapporto con la figlia maggiore, Barbara (Julia Roberts), in crisi con il marito (Ewan McGregor) e con la figlia adolescente (Abigail Breslin). Nonostante il tumore alla bocca e la dipendenza da farmaci, Violet non ha perso il suo carattere rancoroso e continuamente rinfaccia alla figlia la sua decisione di trasferirsi lontano dai genitori.
Nella sua rabbia cieca espressa con critiche e commenti feroci che non risparmiano nessun componente della famiglia, Violet appare come il personaggio più “disturbante” del film. Del resto, nessuno, dalle figlie Barbara, Ivy (Julianne Nicholson) e Caren (Juliette Lewis), alla zia Mattie Fae (Margo Martindale) e a suo marito Charles (Chris Cooper), dal nuovo compagno di Caren, Steve (Dermot Mulroney), al marito e alla figlia di Barbara, fino al cugino “Little” Charles (Benedict Cumberbatch), emerge come personaggio completamente positivo, tutti si dimostrano irosi, insofferenti, troppo deboli o ingenui, e, comunque, incapaci di distaccarsi veramente da quella casa e dall’oppressione che provoca (l’unico modo per farlo, infatti, sembra essere il suicidio scelto da Beverly, che non a caso ha deciso di annegarsi: fuori e lontano dalla casa).
Anche grazie all’interpretazione convincente degli attori, i personaggi sono ben caratterizzati. Tuttavia il risultato è un film “eccessivo”, soprattutto per quel che riguarda la trama, che si dilunga intorno ai tanti dialoghi, troppi e spesso ripetitivi.
L’intento della storia vorrebbe essere quello di smascherare l’idea di famiglia come ambiente completamente positivo, svelandone le dinamiche più complesse, basate su sentimenti contrastanti (la ferocia con cui Violet tratta le proprie figlie è in fondo un modo per tenerle legate a sé, un ricatto emotivo frutto anche dalla rabbia per la propria condizione).
Una situazione ambivalente di cui non si riesce a rendere veramente partecipe lo spettatore, perché è un po’ la “solita” storia. E la scelta di affrontarla attraverso uno sguardo sui personaggi quasi beffardo, che li mostra nella loro inettitudine affettiva (volontaria o meno), tradisce un accanimento nella ricerca di risvolti narrativi nuovi che, invece, si rivelano eccessivi e già visti.

About Alessandra Pirisi
Tra i fondatori di Cinemagazzino, ne è stata redattrice e collaboratrice fino al dicembre 2018. Laureata all’Università di Bologna in Lettere moderne. I suoi interessi vertono su letteratura (suo primo amore), teatro, danza, cinema, musica e Bruce Springsteen. Si interessa – molto – a serie tv, in particolar modo poliziesche. Ha un'ossessione totalizzante per il cinema indiano.