SHOAH Per non dimenticare – OGNI COSA È ILLUMINATA

Titolo originale: Everything is illuminated; Regia: Liev Schreiber; Interpreti: Elijah Wood, Boris Leskin, Eugene Hutz, Laryssa Lauret, Jonathan Safran Foer; Origine: USA; Anno: 2005; Durata: 106’

Jonathan, un ragazzo americano ebreo, decide di intraprendere un viaggio nella cittadina ucraina di Trachimbrod per cercare e ringraziare una donna, Augustina, che salvò suo nonno dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Per intraprendere questo viaggio si affida all’Agenzia “Viaggi tradizione” di cui fa parte il giovane Alex, strampalato traduttore/guida che parla un pessimo inglese, e suo nonno, un antisemita affetto da cecità psicosomatica. I due accompagneranno Jonathan in questo bizzarro percorso di formazione insieme a Sammy Davis Junior Junior, la loro cagna un po’ border collie e un po’ borderline.

Tratto dall’omonimo romanzo di esordio di Jonathan Safran Foer e ispirato alle vicende personali dello scrittore, questo primo lungometraggio di Schreiber è un viaggio fisico e metaforico verso quel ‘non luogo’ che è il passato. Passato inteso non solo in senso temporale, quindi finito per sua stessa definizione, ma anche in senso spaziale come paese di origine che è sparito dalla geografia del mondo. Trachimbrod, il villaggio dove aveva vissuto il nonno di Jonathan da giovane, è stato infatti raso al suolo dalla furia nazista.

Eppure, è proprio alla fine del viaggio che il senso di questa ricerca sentimentale si compie, racchiusa nella semplice risposta che Jonathan dà ad Alex quando lui gli chiede “Perché fai tutto questo?”. “Forse per non dimenticare.”

Una frase potente nella sua semplicità perché nella memoria c’è l’identità e nell’oblio c’è quindi la perdita di sé. Ogni cosa è illuminata diventa così anche un omaggio al passato e alla sua memoria declinata in forme diverse quanti sono i personaggi di questa opera prima di Schreiber.

All’inizio del film ascoltiamo una voce fuori campo dire: “Io ero dell’opinione che il passato è passato e come tutto quello che non è di ora, dovrebbe rimanere sepolto lungo il fianco dei nostri ricordi. Ma questo era prima del cominciamento della nostra rigida ricerca.”

È la voce di Alex un ragazzo ucraino innamorato della cultura pop americana che parla un pessimo inglese e ama la musica ska. Costretto dal padre ad accompagnare con suo nonno il giovane ebreo Jonathan, lo accoglie al suo arrivo in stazione con una piccola banda che suona la musica dei Gogol Bordello, gruppo di cui Alex, Eugene Hutz nella vita reale, è il cantante.

Dal treno emerge uno stupefatto e ingessato Elijah Wood nei panni di Jonathan Safran Foer.  Jonfen, come lo chiama Alex con il suo improbabile, sgraziato e sgrammaticato inglese, è un purista del ricordo. Cerca di ‘trattenere’ il tempo collezionando oggetti che sono appartenuti a lui o ai suoi parenti. Li infila metodicamente in una busta trasparente per preservarli dall’usura del tempo e li appende poi al muro con accanto la data disegnando una mappa temporale e sentimentale. Ma non è l’unico ad aver trovato nell’accumulare in maniera seriale un modo per esorcizzare la paura dell’oblio.

Dopo alcune disavventure a bordo di una Trabant tra i paesaggi sterminati della campagna ucraina, Jonfen incontra la sorella di Augustina. Un’anziana signora, unica superstite all’eccidio nazista.

La donna accoglie Jonathan, Alex e il nonno nella sua casa in mezzo a uno splendido campo di girasoli. Appoggiate alle pareti delle stanze ci sono infinite pile di vecchie scatole etichettate, lei le indica e sussurra: “Questo è Trachimbrod”. Luogo e tempo estinti tornano a vivere in quegli oggetti che insieme a lei sono gli ultimi testimoni di un mondo scomparso.

Il suo racconto straziante della violenza della guerra ha un tale potere evocativo che richiama alla mente del nonno di Alex ricordi sepolti e insieme ad essi la sua vera identità rinnegata.

Era un ebreo scampato per caso alle fucilazioni che aveva scelto di rinnegare le sue origini.

“Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato” ma in questo caso quella luce è così accecante da portare il nonno al suicidio.

La rimozione del ricordo gli aveva permesso di vivere e di essere altro da sé stesso, ma la memoria lo libera dalla sua cecità psicosomatica e la morte da una vita che non era più la sua. Alex troverà il corpo in una vasca da bagno piena di sangue con i polsi tagliati eppure dirà che non aveva mai visto il nonno così felice.

Gran parte dei dialoghi sono in lingua ucraina non sottotitolati ma l’espressività dei volti fa arrivare il significato allo spettatore. È tutto nei loro occhi, occhi che hanno visto cose terribili, custodi della verità e della memoria.

About Ivana Mennella

Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.

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