Titolo: Jackie; Regia: Pablo Larrain; Interpreti: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Kaspar Philippson, Greta Gerwig, John Hurt; Origine: USA, Cile; Anno: 2016; Durata: 95’
Il ritratto di Jackie Kennedy nei 5 giorni successivi all’assassinio del marito, il Presidente degli Stati Uniti d’America John Fitzgerald Kennedy.
Pablo Larrain, 40enne regista cileno, con Jackie (interpretata da una intensa ed incomparabile Natalie Portman che ha lavorato molto anche su voce e pronuncia, davvero particolari, della vera Jackie) si addentra nei meandri fascinosi e sfuggenti di una icona moderna, cercando di decifrarla.
Il film (premiato a Venezia per la sceneggiatura di Noah Oppenheim) non è un biopic e parte da un particolare evento, nel tentativo di far luce su un personaggio che alle fine si ha la sensazione di non possedere completamente. Come lo stesso autore ha precisato: “Ho capito che non si può veramente tornare indietro nel tempo e pensare quello che hanno pensato o provare quello che hanno provato i protagonisti. Si può fare un tentativo”.
L’opera concentra la narrazione sulla descrizione dei 5 giorni successivi all’assassinio del Presidente John Fitzgerald Kennedy (dall’attentato di Dallas del 22 novembre 1963, dopo 3 anni e 10 mesi di mandato, al funerale di Stato) per analizzare il ruolo centrale e determinante che Jackie ebbe nella gestione di questi tragici eventi.
Nonostante all’epoca fosse poco più che trentenne, la First Lady dimostrò da subito un acume politico e una capacità comunicativa fuori dal comune, nell’intento di rendere onore ad un Presidente del quale non era stata ancora riconosciuta la grandezza, consegnandolo alla Storia nel modo che meritava.
Tale operazione nel film si concentra in tre fasi principali, volute e portate a compimento da Jackie in totale isolamento.
La prima, filo narrativo conduttore di tutta l’opera, è rappresentata dall’unica e ultima intervista che Jackie rilasciò al giornalista di Life, pezzo da lei controllato e curato nei minimi dettagli, nella volontà di consegnare alla memoria collettiva una fedele testimonianza che rendesse giustizia alla figura del Presidente.
La seconda è la ristrutturazione della Casa Bianca alla quale Jackie si applicò con passione, convinta del fatto che “Questa costruzione deve essere qualcosa di cui andare fieri, la prima casa del nostro Paese”. Il regista, grazie ad una rielaborazione in digitale che gli ha permesso di sovrapporre la figura della Portman a quella della vera Jackie, ripropone ampi pezzi della famosa trasmissione che la First Lady girò per la TV americana dal titolo The White House Tour.
Il terzo è rappresentato dall’attentato (Jackie non volle cambiare il famoso tailluer Chanel rosa, macchiato del sangue del marito, “Perché tutti devono vedere cosa gli hanno fatto”) e dal successivo funerale che lei volle assolutamente grandioso, decidendo infine, contro la ragionevolezza invocata da tutti, di seguire il feretro del corteo funebre a piedi.
Nonostante il film ricostruisca la storia con aderenza al reale quanto ad ambienti, colori, abiti, atmosfere, anche tramite la tecnica del found footage, esso mantiene tuttavia una certa rarefazione dovuta al particolare tipo di narrazione che non segue un criterio cronologico, ma mischia in un continuum emozionale diversi livelli (interiore/esteriore) e diversi momenti storici, con l’effetto di portarci nella mente di una donna in dialogo con se stessa nell’elaborazione di quanto è successo.
Nella totale solitudine di chi ha perso colui che ama, Jackie in poco tempo sente di dovere, più di ogni altra cosa, immortalare il Presidente. Aggirandosi da sola per le stanze vuote della Casa Bianca (una delle sequenze più riuscite del film), indossa i suoi abiti, inscenando per l’ultima volta, nel suo intimo, la recita del castello incantato, con il sottofondo del musical Camelot (amatissimo dal marito), metafora della favola che vedeva in lei e John dei perfetti protagonisti.
Solo dopo aver dato degno addio al sovrano di un regno meraviglioso, potrà dismettere i panni di First Lady per andare avanti semplicemente come Jackie, conservando nel cuore la consapevolezza di ciò che rimarrà impresso per sempre nel popolo americano: “Per un breve fulgido momento ci fu davvero una Camelot!”.

About Alessandra Quagliarella
Di Bari dove ha frequentato il liceo classico Socrate e si è laurea in Giurisprudenza. Da sempre appassionata di cinema. Nel 2013 ha frequentato il Seminario residenziale di Critica Cinematografica organizzato dalla rivista di settore I duellanti nell'ambito del Bobbio Film Festival ideato e curato dal maestro Marco Bellocchio, nonché il corso di Storia del Cinema presso l'Uniba - Università di Bari a.a.2012/2013. Ideatrice della rubrica "Cinema e Psiche" su Cinemagazzino, rubrica che si propone una riflessione sulle vicende dell’animo umano tramite l’analisi del linguaggio espressivo di quel cinema che se n’è occupato. Nel 2015-2016 ha curato e condotto una trasmissione sul cinema "Sold Out Cinema" su Controradio Bari.