DOVE NON HO MAI ABITATO

Titolo: Dove non ho mai abitato; Regia: Paolo Franchi; Interpreti: Emmanuelle Devos, Fabrizio Gifuni, Giulio Brogi; Nazionalità: Italia; Anno: 2017; Durata: 97′

Un anziano architetto di fama dà occasione alla figlia di accostarsi al proprio pupillo nella ristrutturazione di una villa destinata ad una giovane coppia. Un pretesto per motivarla a tornare dopo molti anni ai suoi impegni di architetto. La collaborazione forzata condurrà poco per volta ad una storia d’amore ‘proibita’.

Il meccanismo costitutivo di Dove non ho mai abitato del regista bergamasco Paolo Franchi viene messo in moto quando il vecchio padre, Manfredi, architetto di fama di Torino, dà la possibilità alla propria talentuosa figlia, Francesca, di tornare al mestiere di architetto dopo anni in cui la donna, ormai cinquantenne, s’era dedicata unicamente alla famiglia (ovvero al marito Benoit e alla figlia), in Francia. Le viene chiesto di accostarsi a Massimo, architetto in carriera, discepolo di Manfredi, nel progetto di ristrutturazione di una villa destinata ad una coppia di giovani sposi. Le resistenze di Francesca nell’affrontare la novità fanno parte del suo quadro psicologico. Anche Massimo, dal temperamento un po’ scontroso, per la verità è restìo, all’inizio, ad accogliere questa ‘intrusione’, ma in un secondo momento viene colpito della forte tensione emozionale della donna.
Come Francesca ha un marito (Benoit, appunto), così anche Massimo è tenuto stretto da un legame a cui crede poco (la pur giovane e bella Sandra). Il rapporto professionale tra Massimo e Francesca si avvia, decolla, la villa prende via via forma, e con essa, anche una loro segreta e (quasi) non consumata storia d’amore (che collide con l’esistenza di Sandra e con la presenza di Benoit).

dove non ho mai abitato scena
Qualcuno ravviserà in questo preambolo una vaga assonanza con Film blu (1993) di Krzysztof Kieslowski: in quel caso, il migliore allievo completava con la vedova di un celebre compositore la partitura lasciata incompiuta dal marito, morto tragicamente in un incidente d’auto, intessendo con lei un passionale rapporto amoroso.
A fare da alter ego, sullo sfondo, alla coppia in formazione, i due giovani sposi destinatari della villa. Inoltre, viene da pensare che l’edificio simuli le sembianze di un figlio, nato dai due architetti (anche se la ristrutturazione della villa, in realtà, sembra rispecchiare più un ‘rinnovamento’ della vita di Massimo e Francesca, che un parto).
Poco per volta Torino viene a rappresentare per Francesca l’amore per Massimo, mentre Parigi l’amore per Benoit. Francesca durante la storia si sposta molto tra le due città e la cosa riflette la sua irrequieta instabilità emotiva, divisa tra i due amori.
Ma a caratterizzare il film è soprattutto la questione se abbia davvero un senso attribuire significato e importanza alle cose della vita. Benoit è un po’ agli antipodi di Massimo, il quale, per quanto freddo, si dimostra sotto sotto sanguigno e viscerale, tra l’altro mosso, come Francesca, dalla passione per l’architettura: l’architettura dà senso alla sua vita. Chi non riconosce importanza e senso alle cose della vita, non ha neppure la necessità di tendersi col mondo, dato che tendersi significa difendere un punto di vista. Fino a che esiste uno scopo, una verità da difendere, una passione, un ‘credo’, esisterà anche il bisogno di opporsi, di lottare contro qualcosa o qualcuno. E in Dove non ho mai abitato sono molti i rapporti tesi, le antipatie tra personaggi: teso è il rapporto tra Manfredi e Francesca, così pure tra Francesca e Benoit, tra Massimo e il giovane sposo, tra Manfredi e Benoit. Le antipatie, o le tensioni, che di certo non nobilitano l’essere umano, ma che ci accomunano un po’ tutti, affondano le loro radici in qualcosa di ancestrale, di primitivo; sono pur sempre sintomo di un ‘attaccamento’ alla vita. Esattamente come l’amore, la cui intensità pervade tutto il film.

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Con Dove non ho mai abitato Paolo Franchi (La spettatrice, Nessuna qualità agli eroi, E la chiamano estate), firma un’opera tra le migliori viste negli ultimi anni, intensa, ma senza retorica. La narrazione è fluida ed essenziale, il ritmo degli accadimenti serrato, la simbologia dei caratteri geometrica e limpida.
Emmanuelle Devos nei panni di Francesca disegna un personaggio altamente poetico, affascinante, memorabile, dalla malinconica fragilità, eppure passionale e intensa. Il Massimo di Fabrizio Gifuni è, d’altro canto, perfettamente realizzato. A completare il cast, tra gli altri, Giulio Brogi, Hippolyte Girardot, Isabella Briganti, Giulia Michelini, Fausto Cabra, Jean Pierre Lorit.
Le musiche di Pino Donaggio imprimono suggestione alle scene, incentrate sul romanticismo, sul calore delle emozioni, su un profondo e pervasivo sentimento di nostalgia. Ma tra le musiche utilizzate, prorompe anche Point of view dei DB Boulevard, nel momento della vicenda più ‘dionisiaco’.

About Luca Mantovanelli

Saturnino, introverso, Luca Mantovanelli ha iniziato presto ad interessarsi di musica e la sua curiosità per l’aspetto creativo e per la psicoanalisi sfocia all’università con una tesi sulla regìa operistica con applicazione al Don Carlos di Verdi. Ma sono proprio le trame delle opere liriche, talvolta – secondo lui - un po’ dispersive e distanti dalla sensibilità moderna, a ricordare a Luca che nel suo passato alcune altre trame (come per esempio di Amadeus e di Film blu) gli avevano cambiato un po’ la vita. Ecco allora una nuova presa di contatto da parte sua con la ‘settima arte’ (e Bobbio ha rappresentato senz’altro per lui un’insolita quanto stimolante esperienza). I suoi incontri con il cinema (di ieri e di oggi) sono stati sempre meno casuali e sempre più dettati dalla curiosità. Luca ritiene che i prodotti artistici migliori (che riscontrino un successo di botteghino o meno) siano quelli che sentiamo riflettere pezzi del nostro Io, e al tempo stesso in grado di indicarci o aprirci una nuova strada…perché è sempre indispensabile un quid di novità. L’introversione ha portato Luca a trovare nella scrittura il suo più congeniale e gratificante mezzo di espressione.

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