BLUE RUIN

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Regia: Jeremy Sulnier
Anno: 2013
Origine: USA
Durata: 90’

TRAMA
Dwight è un vagabondo che vive sulla spiaggia e dorme in una vecchia e sgangherata Pontiac blu. Una mattina scopre che l’assassino dei suoi genitori, dopo 10 anni di carcere, è in libertà. Immediatamente lo assale il desiderio di vendetta.

Il cinema americano ci ha abituati a un certo tipo di dinamiche standardizzate e inflazionate: la famigliola felice viene turbata da qualche bifolco che uccide brutalmente madre e figli, e il padre si trasforma in spietato e infallibile vendicatore, affronta i peggiori criminali con disinvoltura e ristabilisce in qualche modo la quiete iniziale. Ma Blue Ruin di Jeremy Saulnier tradisce fortunatamente le aspettative. Il protagonista è davvero un uomo come tutti gli altri e, come chiunque, si trova a non sapere nemmeno da dove iniziare per raggiungere il suo scopo. Impacciato, sprovveduto, impaurito: è un anti-eroe! Usa come arma un coltello da cucina, con cui poi si taglia; perde le chiavi della macchina; scappa dalle situazioni rischiose (proprio quelle in cui un Bruce Willis qualunque si butterebbe a capofitto); non fuma e non sa sparare; tenta di curarsi una ferita come farebbe Stallone, ma è poi costretto a correre in ospedale. Eppure i toni sono drammatici, non c’è quasi mai spazio per i sorrisi. Perché, in fondo, è molto più realistica questa rappresentazione di quella confezionata da Hollywood. Questa vendetta, erronea e insensata, si rivelerà interminabile.

Il risultato è controverso, in quanto si tratta di un film difficile da inquadrare, che risente del noir e dell’horror (la precedente opera di Saulnier è proprio un horror, inedito in Italia). Da sottolineare la presenza del blu, nel titolo, nel cielo, nel mare e nei mille particolari. La violenza non è rossa, la violenza è blu! La rovina è blu. Un colore bello e rassicurante, un altro mito sfatato. Nel complesso l’opera è apprezzabile proprio per il suo taglio anti-eroico ma drammatico e a tratti di tensione, benché i contenuti non siano corposi né la personalità dei personaggi sia approfondita. Il protagonista Macon Blair piace per la capacità espressiva che dimostra e la sua goffaggine non può che incrementare la sua anti-eroicità. Nel film è anche presente una critica sottile e ironica nei confronti della facilità con cui negli Stati Uniti è possibile procurarsi un’ arma da fuoco: Dwight chiede in prestito un fucile a un vecchio amico, un grasso metallaro tecnico del suono, che orgoglioso sfoggia un arsenale che farebbe impallidire perfino Schwarzenegger! Un ultimo elogio, questa volta automobilistico, per la Pontiac blu che, arrugginita e sgangherata, parte sempre al primo colpo.

 

 

About Frank Stable

Nasce a Moncalieri (TO) il 30 Maggio 1992, si laurea nel 2018 in Medicina e Chirurgia presso la facoltà di Torino. Benché in famiglia abbia sempre respirato una certa attenzione al cinema la vera passione nasce durante il Liceo Scientifico grazie alla preziosa e ispirante programmazione del canale satellitare "CULT". Sarà il film "Vodka Lemon" di Hiner Saleem a sancire la svolta e trasformare l'interesse in passione.‎ Al di fuori del cinema i suoi interessi sono per le automobili, i viaggi e la fotografia di viaggio, la tecnologia e la grafica.

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