Titolo originale: Inherent Vice; Regia: Paul Thomas Anderson; Interpreti: Joaquin Phoenix, Katherine Waterston, Josh Brolin, Reese Witherspoon, Benicio Del Toro, Owen Wilson; Origine: Usa; Anno: 2014; Durata: 148’; V.M.14 anni.
Larry Doc Sportello, hippie detective di Los Angeles, viene contattato dalla sua ex Shasta Fey affinché indaghi su un intrigo ideato ai danni del suo amante, il palazzinaro Wolfmann. Doc accetta: è l’inizio del concatenarsi di una serie di eventi e personaggi paradossali in un vortice di psichedelica visione.
Andando a vedere Vizio di forma – sesto lungometraggio del regista Paul Thomas Anderson, già autore di Magnolia (1999), Il petroliere (2007), The Master (2012) – è necessario compiere un’operazione preliminare: abbandonare la razionalità.
Se cerchiamo di capire qualcosa nella trama e in quello che sta succedendo sullo schermo, ne usciremo quasi sicuramente sconfitti, prostrati e (forse) anche annoiati. Quindi, «Lasciate ogni speranza o voi che entrate» di capirci qualcosa e abbandonatevi, fluttuate, fatevi cullare emozionalmente dal trip allucinato di Larry Doc Sportello (un eccelso Joaquin Phoenix), detective, hippie, abituale consumatore di cannabis e quant’altro gli capiti a tiro (eccetto l’eroina), le cui peregrinazioni oniriche compongono la materia di Vizio di forma.
Questa chiave di lettura del film è del resto confermata dalla locandina, della quale è autore lo stesso regista: tutti i personaggi della storia, disegnati con colori e grafica psichedelica (tra i quali spicca Shasta Fay Hepworth/Katherine Waterston, ex fidanzata di Doc), promanano, anzi germogliano dalla mente del protagonista.

E così, proprio come succede nei sogni, dove tutto si svolge con ritmo e modalità che sfuggono al razionale appartenendo all’evocazione del substrato emozionale, una serie infinita di soggetti quasi surreali si succedono nel corso della narrazione, senza un collegamento esplicito, senza un raccordo logico; semplicemente appaiono sullo schermo, evocati dal subconscio del protagonista. La macchina da presa li riprende nelle rispettive entrate in scena in una maniera che sfugge ai canoni logici, essendo il più delle volte inquadrati a medio campo (testa e gambe tagliate), per poi passare al primo piano del campo contro campo durante i dialoghi. In un mondo razionalmente organizzato verrebbe naturale domandarsi da dove siano sbucati.
Anche la fotografia volutamente non è nitida (Anderson, che ha girato su pellicola, ha utilizzato dei filtri speciali), ma quasi sgranata, come se ci fosse una patina nebbiosa: quella del tempo (la storia è ambientata a Los Angeles nel 1970), ma anche quella del sogno, accentuando così la sensazione di non-reale che pervade tutta la visione.
In ossequio ad una cura maniacale del dettaglio per la quale il regista è noto, la ricostruzione dell’epoca risulta fedelissima, sia per quel che riguarda gli interni, dalla ricercata scenografia, che per quel che riguarda gli esterni (pochi, per la difficoltà di reperire edifici originali degli anni ’70 essendo Los Angeles una metropoli in continua trasformazione), i costumi (quasi tutti abiti vintage), la colonna sonora, rigorosamente seventies (Neil Young primeggia). Tuttavia, l’effetto ottenuto è ancora una volta quello di non realtà, di materia non documentaria, ma emozionale.
D’altronde forse non sarebbe stato possibile un altro modo di rappresentare questa storia, tratta dall’omonimo romanzo di Thomas Pynchon, un libro di lettura non lineare e difficilmente traducibile in immagini, che Anderson ha cercato di realizzare adottando una trasposizione fedelissima del testo, con le uniche eccezioni della voce narrante e, in parte, del finale (il film è stato candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, della quale è autore lo stesso regista).
Larry Doc Sportello, simbolo della filosofia hippie del Peace & Love, è l’ultimo dei romantici in una America prossima alla devastazione della politica di Nixon e Reagan, del Vietnam, dell’eroina come strategia del potere nell’asservimento delle masse che predicavano la rivoluzione pacifista.

Doc in questo scenario si pone in contrasto, non è omologabile, non è incasellabile, è dotato del cosiddetto ‘vizio intrinseco’ (inherent vice, appunto, titolo originale del romanzo e del film), quel difetto strutturale di forma che le assicurazioni marittime non coprono.
Oltre all’ottimo Joaquin Phoenix, che con il regista aveva già recitato in The Master (Coppa Volpi come migliore attore protagonista unitamente a Philip Seymour Hoffmann a Venezia 69), tutti gli attori sono degni di nota, sia nei ruoli principali (in particolare Josh Brolin/Big Foot Bjornsen), sia nei ruoli secondari, contribuendo a creare un film corale molto affine nella struttura alle opere di Robert Altman, cui Anderson orgogliosamente si ispira.
Nota dolente: il doppiaggio, in più di una sequenza malamente incollato agli interpreti, con un evidente effetto di posticcia fastidiosa artificiosità.
Vizio di forma può piacere o meno, ma in ogni caso centra il bersaglio portandoci nel beat-trip circolare e immaginifico di Larry Doc Sportello; ne riemergiamo con una sensazione di straniamento ed un’ombra di rimpianto nel cuore per il mondo come avrebbe potuto essere.
About Alessandra Quagliarella
Di Bari dove ha frequentato il liceo classico Socrate e si è laurea in Giurisprudenza. Da sempre appassionata di cinema. Nel 2013 ha frequentato il Seminario residenziale di Critica Cinematografica organizzato dalla rivista di settore I duellanti nell'ambito del Bobbio Film Festival ideato e curato dal maestro Marco Bellocchio, nonché il corso di Storia del Cinema presso l'Uniba - Università di Bari a.a.2012/2013. Ideatrice della rubrica "Cinema e Psiche" su Cinemagazzino, rubrica che si propone una riflessione sulle vicende dell’animo umano tramite l’analisi del linguaggio espressivo di quel cinema che se n’è occupato. Nel 2015-2016 ha curato e condotto due trasmissioni sul cinema: 'Sold Out Cinema' e 'Lanterna Magica, 'entrambe su Controradio Bari. Nel 2023 ha curato la rassegna cinematografica collegata al Corso diretto dalla prof.a Francesca Romana Recchia Luciani per le Competenze trasversali dell'Università di Bari con oggetto la Violenza di genere. Nel luglio 2023 ha collaborato alla rassegna 'Under Pressure, azioni e reazioni alla competizione' e nell'ottobre 2023 ha partecipato all'evento 'Taci, anzi parla. Il punto sulla violenza di genere' con un intervento sul film 'Una donna promettente', entrambi organizzati dall'associazione La Giusta Causa. Nell'aprile del 2024 ha curato una lezione su ' Sesso e sessualità: dalle pioniere del cinema muto al cinema femminista degli anni 70' nell'ambito del corso di Letteratura di genere della prof.ssa lea Durante all'Università di Bari. Collabora con l'Accademia del Cinema dei Ragazzi di Enziteto. In particolare approfondisce i collegamenti tra gli studi di genere e cinema.
