AMY – THE GIRL BEHIND THE NAME

Titolo: Amy – The girl behind the name; Regia: Asif Kapadia; Origine: Gran Bretagna; Anno: 2015; Durata: 90’

La vita della cantante Amy Winehouse, dall’inizio della carriera fino alla morte per arresto cardiaco dovuto a un eccesso di alcol e droga, a soli 27 anni.

Chi era Amy Winehouse? Sono passati quattro anni dalla sua morte, non così tanti, di certo non abbastanza perché i suoi fan l’abbiano dimenticata, ed ecco un documentario che cerca di svelare la sua vita, soprattutto quella privata, “the girl behind the name”, come recita il titolo del film.
La costruzione drammaturgica di cui si avvale il regista Asif Kapadia è molto semplice e lineare, perché si limita a seguire la vita e la carriera della protagonista, partendo da quando era solo una ragazzina con la passione per il canto e il jazz. La particolarità del film è l’uso quasi esclusivo di immagini di repertorio e di filmati amatoriali fino ad ora rimasti privati, girati da amici e parenti. Se è vero che la maggior parte dei documentari biografici ha come prerogativa lo svelamento di una parte intima del soggetto raccontato, Amy risulta quasi eccessivo in questo intento: non per un atteggiamento voyeuristico della regia, ma proprio per l’uso dei video privati, per cui lo spettatore si sente ammesso alla visione di immagini talmente personali da provocare un certo disagio. L’obbiettivo è costantemente puntato su Amy Winehouse, anche le interviste girate appositamente per il film sono solo audio, sovrapposte ai video e alle immagini dei concerti e delle interviste televisive.

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Il ritratto che emerge è quello di una ragazza estremamente fragile, ma anche molto spontanea, senza filtri (le sue canzoni sono l’espressione diretta del suo vissuto e dei suoi sentimenti, non c’è costruzione artistica, sembra di leggere un diario personale), che non ha mai ricercato una fama e un successo planetari, anche per la consapevolezza di non saperli gestire. Il rapporto con i genitori è centrale, sembra influenzare tutta la sua vita, in particolare quello con il padre, che la segue ovunque e gestisce la sua carriera e le sue scelte (decide che non ha bisogno di andare in una clinica per uscire dalla dipendenza da droga nel 2006; nel 2011 organizza il tour europeo, nonostante le condizioni di salute della figlia siano precarie e lei stessa non voglia partire). Questo rapporto di dipendenza affettiva sembra rispecchiarsi nella relazione turbolenta con il marito Blake Fielder-Civil, altro personaggio fondamentale, con cui inizia la dipendenza da droghe pesanti.

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La linearità con cui il regista costruisce il film appesantisce la narrazione, impedendo di individuare un vero centro e approfondirlo, e la limita ad una cronaca precisa dei fatti. Nonostante questo, quello che rimane più impresso è l’amore di Amy per la musica, il suo talento e le canzoni, vero centro della sua vita. La sua aspirazione non era quella di cantare per avere successo, ma piuttosto esprimere se stessa attraverso la musica: era una vera cantante jazz, non solo per le capacità vocali e musicali, ma anche per l’esigenza di indirizzarsi ad un pubblico ristretto, con cui comunicare davvero.

 

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About Alessandra Pirisi

Tra i fondatori di Cinemagazzino, ne è stata redattrice e collaboratrice fino al dicembre 2018. Laureata all’Università di Bologna in Lettere moderne. I suoi interessi vertono su letteratura (suo primo amore), teatro, danza, cinema, musica e Bruce Springsteen. Si interessa – molto – a serie tv, in particolar modo poliziesche. Ha un'ossessione totalizzante per il cinema indiano.

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