Titolo: Il GGG – Il grande gigante gentile; Titolo originale: The BFG; Regia: Steven Spielberg; Interpreti: Mark Rylance, Ruby Barnhill, Jemaine Clement, Rebecca Hall; Origine: Gran Bretagna, Canada; Anno: 2016; Durata: 117’
Il GGG è l’acronimo (e nomen omen) di Grande Gigante Gentile, un buffo personaggio di 7 metri che vive nel paese dei giganti. Ogni notte fa brevi incursioni nel mondo degli umani per soffiare con la sua tromba bei sogni ai bambini.
Quando la piccola e insonne Sofia lo vede lui è costretto, suo malgrado, a rapirla dall’orfanotrofio dove vive. Sarà l’inizio di un’avventura mozzafiato e di una grande amicizia.
Steven Spielberg traspone sul grande schermo il libro di Roald Dahl, del 1982, affidando la sceneggiatura a Melissa Mathison, compianta sceneggiatrice del suo E.T. – L’extra-terrestre, e la produzione a Walt Disney.
Una sinergia di nomi importanti tra regia, sceneggiatura e produzione avrebbero fatto sperare in un sicuro blockbuster invece gli incassi al botteghino statunitense fanno pensare a un vero e proprio flop, tale da non coprire neanche il budget investito per la realizzazione del film. Sorte opposta a quella toccata al libro da cui la pellicola è tratta che è stato tradotto in 40 lingue e amato da molti bambini.
Sophie, la protagonista di quest’ultima pellicola di Spielberg, è interpretata da Ruby Barnhill, al suo esordio, non molto convincente, sul grande schermo.
La rappresentazione cinematografica del GGG è affidata invece al premio Oscar Mark Rylance e resa in maniera assolutamente impeccabile con il performance capture, tecnica molto simile alla motion capture ma più sofisticata, che consiste nel catturare le espressioni facciali degli attori attraverso tantissimi sensori per applicarle poi attraverso un particolare software su personaggi virtuali per ‘animarli’ in maniera reale.
L’incontro tra i due personaggi avviene durante “l’ora delle streghe”, quel momento in cui la notte fonda addormenta i bambini e sveglia le streghe che vagano per il mondo umano.
Sophie è una bambina diversa dalle altre, non dorme, ma si aggira insonne per l’orfanotrofio dove vive. Chiude a chiave il portone lasciato aperto da una distratta direttrice, rimprovera alla finestra gli ubriachi che disturbano la quiete notturna. Sembra insomma l’unica adulta rimasta in un mondo ‘addormentato’.
Ne intuiamo la triste solitudine, stato che non s’addice a una bambina.
Anche il GGG è un gigante diverso dagli altri perché non mangia i bambini, cerca di istruirsi con buone letture (legge Nicholas Nickleby di Charles Dickens) ed è estremamente gentile. Questa sua diversità lo condanna alla solitudine. Gli altri giganti sono orchi cattivi, ghiotti di bambini e profondamente maleducati. L’incontro fortuito con Sophie segnerà per entrambi, nonostante la reciproca diffidenza iniziale, la fine della loro esistenza isolata.
Il GGG parla il gobblefunk, una lingua bizzarra costellata da neologismi e parole utilizzate fuori dall’area semantica alla quale appartengono ma con una sua logica ironica che crea umorismo involontario in chi ascolta.
Rompe i tabù perché utilizza, ad esempio, parole come “petocchio” per indicare i fenomeni di meteorismo. Questa irriverenza dialettica di Dahl è anche la nota stilistica che lo contraddistingue dagli altri autori di fiabe. I buffi inciampi verbali del Gigante Gentile, rispetto al libro di Dahl, sono poco frequenti nel film di Spielberg, che rilegge il testo inserendo episodi non presenti nel testo originale come la triste storia del bambino che GGG aveva conosciuto prima di Sophie ma che era morto, divorato dai giganti. Anche il finale è più amaro, forse più realistico, ma viene resa ugualmente l’atmosfera fiabesca e il messaggio morale arriva forte e chiaro: nella diversità c’è ricchezza. Monito che risuona come un adagio da seguire in un mondo che volge sempre più all’omologazione e all’emarginazione del diverso.

About Ivana Mennella
Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.