Venezia 72 – DESDE ALLÀ/HUMAN/REMEMBER

DESDE ALLÀ
(Leone d’Oro Venezia 72)

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Regia: Lorenzo Vigas; Interpreti: Alfredo Castro, Luis Silva, Jerico Montilla, Catherina Cardozo, Marcos Moreno; Origine: Venezuela; Anno: 2015; Durata: 93’

Colpisce la figura di uomo (mezza età superata, altezza media, volto da pittore, sguardo intenso, espressione impenetrabile, abiti semplici) che il regista venezuelano Lorenzo Vigas ha voluto porre al centro di Desde allà/Da lontano, suo primo lungometraggio. Vediamo Armando – questo il nome del protagonista (Alfredo Castro) – uomo fragile e alienato, girare per le strade povere e dimesse dei quartieri della periferia di Caracas. Il suo solipsistico ‘rito’ consiste nell’invitare a casa propria ragazzi di strada, e nel pagarli; la cosa realmente singolare è la sua richiesta di vivere quegli attimi di effimera estasi stando a distanza da loro. Il tema della distanza, vero e proprio motivo conduttore del film, riflette il vissuto psicologico del protagonista. Il rapporto frustrante con un padre distaccato e anaffettivo ha segnato (ma non una volta per sempre) il suo rapporto col mondo, ha congelato la sua anima. Tra questi ragazzi un giorno Armando conosce Elder (Luis Silva). Resta impresso quell’indugiare da parte di Vigas sui molti sguardi (dietro i quali si cela un’impalpabile atmosfera dello spirito) che il protagonista volge al ragazzo nel corso della vicenda. Gradualmente si viene a creare un’intensa quanto inquieta storia d’amore, che Vigas riesce a cesellare di sfumature e a caratterizzare di realistiche dinamiche. Ma Desde allà è soprattutto il racconto del processo di maturazione del protagonista. (*spoiler*) Il vero “tabù infranto” non è quello dell’unione tra due uomini, bensì l’oltrepassamento di un altro limite: l’uccisione del padre di Armando per opera di Elder, mosso dalla convinzione che sia quello il gesto da compiere per raggiungere una dimensione di perfezione morale ed emozionale. La liberazione da quel gelo di cui prima si scriveva, e la conseguente maturazione del protagonista, scaturiranno indirettamente proprio da quell’omicidio: risoluta la scelta da parte di Armando di far arrestare il suo amato.

(Luca Mantovanelli)

HUMAN 
(fuori Concorso)

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Regia: Yann Arthus-Bertrand; Anno: 2015; Origine: Francia; Durata: 188’

Colossale progetto documentaristico su scala mondiale, a Human vanno riconosciuti senz’altro diversi meriti. L’idea in sé è semplicissima e inflazionata (per non dire abusata): si cerca una definizione di “umano” per induzione, facendo confrontare individualità provenienti da ogni angolo del globo sui medesimi temi e con le stesse domande, da dialoghi sui massimi sistemi (l’amore, la felicità, la violenza, la guerra, il rapporto uomo/donna, l’omosessualità, il lavoro etc,), a personalissime storie di vita vissuta. Questa indagine che si sposta continuamente dal particolare all’universale è resa intelligentemente alternando interviste dove il soggetto si offre completamente alla macchina da presa riempiendo con il busto l’intero fotogramma e il regista (o chi per lui, vista la mole e la propagazione delle forze in gioco) non interviene mai, né con movimenti né con domande, a campi lunghissimi di superba qualità fotografica e bellezza sconvolgente di scenari naturali, grandi masse umane, città e paesi (un po’ à la Koyanisqqatsi – ma meno suggestivo sul piano musicale, di importanza sempre capitale in testi del genere). L’impatto emotivo è a tratti forte, nella loro discrezione le interviste rivelano tratti e storie che un sapiente montaggio (sei montatori a tempo pieno per più di un anno) seleziona appositamente per lasciare il segno, ma il format, mancando di idee cinematograficamente interessanti, alla lunga (190′ la versione da festival) stanca. L’operazione ha una rilevanza antropologica relativa e anche gli intenti politici proclamati a gran voce dal regista si guardano bene dal proporre voci troppo fuori dal coro e si rifugiano in un politicamente corretto e un francescanesimo francamente un po’ stantii. Cartoline eccezionali, ma la rivoluzione è altrove.

(Carlo Gandolfi)

 

REMEMBER
(in Concorso)

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Regia: Atom Egoyan; Interpreti: Christopher Plummer, Martin Landau, Dean Norris, Bruno Ganz; Anno: 2015; Origine: Canada, Germania; Durata: 95’

Memoria storica, memoria individuale e loro manipolazione si intrecciano in questa caccia all’uomo di stampo così classico da sfociare nel geriatrico, con i suoi protagonisti ultraottuagenari e la struttura a tappe con sorpresa finale. Ottimi ingredienti, dal cast alla musica (che nella scena alla frontiera è l’unica deputata alla costruzione di una riuscita suspense), godibile il risultato, per quanto il tema venga gridato fin dal titolo e ribadito instancabilmente (perfino il poliziotto lascia andare Zev senza fiatare perché la pistola che gli ha trovato addosso gli ricorda la sua prima). Interessanti e numerose ma tutto sommato risapute le declinazioni del ricordo esplorate: vendetta come incapacità di dimenticare, identità come insieme delle memorie (potenzialmente fallaci), la propria storia come marchio indelebile resistente ad ogni tentativo di oblio (il nazista deve necessariamente morire anche se…). L’articolazione delle stesse si incastona in una scrittura e una regia pulite, convenzionali, memori dell’ampia tradizione di genere americana. Coerente (troppo?) ma – è il caso di dirlo – non indimenticabile.

(Carlo Gandolfi)

 

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