Serie TV – WILFRED

 

WHY.

5 MOTIVI PER GUARDARLA:

  • Jason Gann.
  • C’è un cane che fuma erba da un bong.
  • Elijah Wood fa sesso con una giraffa di pezza.
  • Battute spinte e per nulla politically correct.
  • Dog = God

LE FRASI:

«I’ve heard of trauma causing blindness, like when Stevie Wonder and Ray Charles walked in on each other masturbating.» Wilfred

«Ryan, remember when I told you a few weeks ago that you are a total pussy? Well I just wanted to apologize for not emphasizing that enough.» Wilfred

«Being happy is just like being gay…it’s a choice, that’s why they mean the same thing.» Wilfred

«There’s darkness everywhere Ryan. You just can’t see because the sun is such an attention whore.» Wilfred

wilfred 2Autori: Jason Gann, Adam Zwar, Tony Rogers, David Zuckerman
Regia: Randall Einhorn (46 episodi, 2011-2014), Victor Nelli Jr. (3 episodi, 2011)
Sceneggiatura: David Zuckerman, Tony Rogers, Cody Heller, Brett Konner, Ken Cheng, Reed Agnew, David Baldy, Eli Jorne
Interpreti principali: Elijah Wood (Ryan Newman), Jason Gann (Wilfred), Fiona Gubelmann (Jenna), Dorian Brown (Kristen), Chris Klein (Drew, fidanzato di Jenna), Mary Steenburgen (madre di Ryan)
Anni: 2011-2014
Origine: USA
Emittente televisiva: FX (in Italia trasmessa da DeejayTV)
Stagioni: 4
Numero totale episodi: 49

 

Dopo aver tentato invano di suicidarsi in seguito ad un esaurimento nervoso, Ryan si ritrova a dover fare da dogsitter al cane dell’affascinante vicina, Jenna. Agli occhi di tutti Wilfred è un adorabile cagnolino ma a Ryan appare come un irriverente uomo travestito da cane che fuma in continuazione e dice parolacce. Oltre alla serie di problemi che Wilfred quotidianamente gli procura, Ryan dovrà vedersela anche con l’invadente sorella Kristen, con la madre ricoverata in una casa di cura per malati mentali, con il padre con cui ha chiuso ogni rapporto e con il fatto di poter essere, per la fidanzatissima Jenna, niente più che un amico…

WHAT. Ispirata all’omonimo show australiano – a sua volta sviluppato da un corto vincitore del Best Comedy Award al Tropfest del 2002 – la serie è prodotta da David Zuckerman (I Griffin, American Dad). Tuttavia, eccetto il concept di base e il personaggio di Wilfred, poco ha a che vedere con l’originale la versione americana, che abbandona i toni cupi e fortemente caustici e per uno stile più morbido e più adatto ai gusti – e al senso dell’umorismo – del suo pubblico.
Oltre a produrla, Zuckerman ne scrive, assieme ad un fedele team di collaboratori, la sceneggiatura, vero punto di forza dell’intero progetto.

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HOW. Ogni episodio si apre con una citazione (di un personaggio più o meno noto) che contiene la parola che andrà a costituire il tema dello stesso. La categoria è quella della buddy comedy – i protagonisti sono la “coppia di amici” Ryan e Wilfred – sebbene l’uno (il cane) non faccia altro che sabotare la vita dell’altro, in uno schema che si ripete sistematicamente. Come qualcuno ha fatto notare, Wilfred per Ryan è un po’ quello che Brad Pitt è per Edward Norton in Fight Club, il suo alter-ego sfrontato e audace che lo spinge in situazioni estreme e gli fa compiere azioni eccessive. Ma Wilfred strizza l’occhio anche a La strana coppia (con Matthau-Lemmon), ad Harvey (in cui James Stewart affermava di avere per amico un coniglio di 2 metri), alla serie di fumetti Calvin e Hobbs (che ha per protagonisti un bambino e la sua tigre di pezza “vivente”), a Donnie Darko o ancora – i roditori vanno forte – all’imbarazzante Genitori cercasi (in cui proprio un piccolo Elijah Wood veniva consigliato da un Bruce Willis in tenuta da coniglio pasquale).

Certo, le reminiscenze cinematografiche amplificano la potenza della rappresentazione ma il successo della serie è innanzitutto dovuto alla buona costruzione dei personaggi e ad una scrittura studiata e consapevole. Se Ryan è garbato, sempre disponibile con tutti, remissivo e ingenuo, Wilfred è invece estremamente egoista, sboccato, per niente politically correct, fissato con il sesso, il cibo e il fumo. Il gioco comico creato dalla combinazione delle loro personalità è esilarante ma non scontato quanto avrebbe rischiato di essere. Gli autori sfruttano con intelligenza le peculiarità di un personaggio come Wilfred e ne potenziano la vis comica non solo enfatizzando atteggiamenti tipici della specie canina (ad esempio l’incontrollabile impulso a seguire la pallina da tennis che gli viene lanciata), ma anche attraverso riferimenti a video di “dog star” del web. Consci del target a cui si rivolge lo show, utilizzano sapientemente uno stile che ricorda molto i Griffin/Futurama/American Dad (non a caso) e infarciscono la sceneggiatura di citazioni da film e serie tv, di allusioni nerd e di inside jokes riservati agli internauti. Il geek-idol Elijah Wood, in questo senso, si è rivelato una gallina dalle uova d’oro: gli si deve più di qualche battuta “extradiegetica” legata a tomentoni della rete che suo malgrado lo riguardano, come quello sulla sua presunta somiglianza con Daniel Radcliffe.

Se il continuo sabotaggio delle azioni di Ryan da parte di Wilfred può alla lunga risultare un po’ frustrante, i dialoghi fra i due riscattano del tutto la ripetività dello schema. Quelle che escono dalla bocca di Wilfred sono delle vere e proprie perle, da annotare in un taccuino nella sezione “massime filosofiche” (possibilmente accanto a quelle di Diogene di Sinope) e rileggersi al bisogno. L’antropomorfizzazione di molti dei suoi atteggiamenti consente sia l‘effetto comico (irresistibile la sua “dipendenza da coccole” trattata come una sex-addiction), sia una riflessione profonda e disincantata sul comportamento umano. D’altro canto, l’esplorazione degli aspetti etologici come delle psicosi dei personaggi è voluta  (la storia vede un’evoluzione psicologica da parte Ryan), quanto obbligata: Zuckerman ha ammesso la necessità di giustificare il fatto che Ryan veda Wilfred in modo diverso dagli altri personaggi, cosa che non avviene nella versione australiana. Quello della malattia mentale – presunta, come quella di Ryan, o effettiva, come quella di sua madre – e delle problematiche ad essa connesse, è un argomento affrontato comunque senza patetismi, con umorismo, e paradossalmente in maniera piuttosto realistica.

Dark comedy cinica e disinibita, Wilfred è una serie capace di far ridere quanto di commuovere: il tentativo di Ryan di raggiungere la felicità ricorda quasi l’inseguimento di BeepBeep da parte di Willy il Coyote, tanto è vano e cartoonesco. Sebbene tornino sempre a riappacificarsi, la lotta continua tra il suo “Io remissivo e controllato” e il suo “Io animalesco” (di cui Wilfred nient’altro è che la canina incarnazione) gli permette di avanzare soltanto di pochi passi alla volta. Una serie di twist narrativi (qualcuno un po’ forzato, a dire il vero) consente alla storia di proseguire senza risultare troppo noiosa, anche se la continua confusione di piani tra realtà e “allucinazione” – complice Wilfred, maestro dei giochetti mentali – è a volte eccessivamente abusata.

WHO. Agli attori va il merito di aver saputo, con la loro interpretazione, fidelizzare il pubblico. Elijah Wood, che si misura con un genere ed un format lontani da quelli che l’hanno reso famoso, regala un Ryan credibile e “totally relatable”; Jason Gann, che mantiene il suo forte accento australiano anche nel Wilfred della versione statunitense, ha un carisma ed una presenza scenica potentissime.
Un plauso anche a Bear nel ruolo dell’orso di peluche, oggetto sessuale di Wilfred (grande espressività) e al golden retriever JellyBeans, il “Brad Pitt dei cani”.
Nel cast fanno incursione numerose guest star: Rashida Jones, Robin Williams, Patton Oswalt, Jane Kaczmarek (la mamma di Malcolm in the Middle), Allison Mack (la Chloe di Smallville) e Rutger Hauer, per citarne alcune. Compare anche la “nostra” Gabriella Pession, nel ruolo di Cinzia, breve flirt di Ryan.

WHERE. In quanto sitcom, l’ambientazione della serie rimane costante per tutte e quattro le stagioni. La casa di Ryan, nel cui seminterrato si conclude praticamente ogni episodio – con Ryan e Wilfred che fumano il bong scambiandosi considerazioni sull’accaduto -, si alterna con l’area del vicinato, in cui avviene gran parte dell’azione. Non sono escluse capatine a Venice Beach, alla casa di cura della madre, dal veterinario e viaggetti fuori città, anche – e soprattutto – mentali.

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About Elena Cappozzo

Dopo la laurea in Filologia Moderna a Padova, studia Film Writing a Roma. Sognando di scrivere “per”, scrive “di” (cinema) qua e là, accendendo ogni tanto un cero a San...SetBlv. Il grande schermo è il suo primo, assoluto amore ma le capita con discreta frequenza di tradirlo con quello della tv e persino con quello del pc (quella da Youtube e serie tv è in realtà una dipendenza piuttosto grave, no judging.)

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