Regia: Sebastiano Riso; Interpreti: Davide Capone, Micaela Ramazzotti, Pippo Delbono, Vincenzo Amato; Anno: 2014; Origine: Italia; Durata: 98 min
In una Catania degli anni Ottanta, vive un quattordicenne, Davide, che si sente donna. Oppresso dal padre che lo vuole maschio e lo costringe a iniezioni di ormoni, scappa di casa e incontra un gruppo di ragazzi di strada gay che lo accolgono nelle loro bizzarre vite. Sarà l’inizio di una nuova e profonda esperienza.
*spoiler alert*
Ispirato alla vera storia di Davide Cordova, in arte Fuxia, storica drag queen del noto locale gay romano Muccassassina, quest’opera prima del regista catanese Sebastiano Riso, classe 1983, è stata presentata a Cannes a la Semaine de la Critique.
Il trailer fa intuire un film ben fotografato e recitato, originale sia per la tematica che per il modo di approcciarla, che per l’uso del colore. La fotografia è infatti molto suggestiva con giochi di luci crepuscolari e di specchi che rendono la scenografia curata e interessante.
Anche la recitazione dell’esordiente Davide Capone, insieme a quella dei più noti Micaela Ramazzotti e Vincenzo Amato, convincono, ma è la struttura interna che cede, scricchiolando in più punti della pellicola.
Dopo un delicato incipit in cui vediamo Davide nella sua segreta soffitta dipingere su un vetro delle labbra sotto ad un paio di ciglia disegnate, la poesia del film comincia a dissolversi e a sparire, e non per lasciare posto alla cruda realtà di un adolescente intrappolato in un corpo efebo, ma per fare strada a una serie di clichè in cui il film stesso sembra perdersi.
Il percorso ‘iniziatico’ di Davide in un quartiere-postribolo di Catania diventa esagerazione caricaturale dei personaggi, una galleria di maschere poco credibili e troppo ‘teatrali’ per il registro cinematografico.
E anche La Rettore, prostituta gay e sorta di Virgilio che accompagna Davide nella sua discesa in questo quotidiano Inferno di anime perse e dannate, non convince per la recitazione macchiettistica.
In più momenti del film interviene, quasi salvifica, la musica della bella canzone di Donatella Rettore “Amore stella”, che offre momenti di sincera intensità allo spettatore. Ma questo non basta a sorreggere l’intero film che è lento e discontinuo.
Le metafore poi sono troppo esplicite, come nel caso del padre di Davide e del suo potenziale “protettore”, che vestono abiti bianchi quasi a voler richiamare per contrasto il nero delle loro anime macchiate di ignoranza (il primo) o di morbosa deviazione (il secondo). Entrambi restano ad ogni modo ladri dell’innocenza di un ragazzo durante un passaggio così delicato come quello adolescenziale.
Eppure il film ha tanto da dire: la negazione della propria identità che firma la sua apoteosi nel suicidio, l’omofobia ancora fortemente radicata in alcuni tipi di mentalità, la figura materna che comprende ma è priva di azione (non a caso Micaela Ramazzotti nel film è ipovedente) sono tutti spunti interessanti che il film tocca senza però mai realmente approfondire.
Alla fine dell’ora e mezza, con abile colpo di coda, si srotolano le ultime scene del film dove un Davide autoferitosi alla giugulare come ultimo disperato tentativo di ribellione alla figura castratrice del padre, scopre la sua ferita allo specchio in ospedale. E si svela in tutta la sua violenza il paradosso di colui che ama la musica e canta come un usignolo ma è costretto a soffocare la sua voce: non gli resta che urlare e lasciar sgorgare sangue da quella ferita mal cucita che ha sul collo.
Segno che anche nella più nuda disperazione si è prepotentemente vivi.
VOTO: 6/10
About Ivana Mennella
Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.