Titolo: Frantz; Regia: François Ozon; Interpreti: Pierre Niney, Paula Beer, Ernst Stötzner, Marie Gruber, Johann von Bülow; Anno: 2016; Origine: Francia; Durata: 113′
A pochi mesi dalla fine della prima guerra mondiale, una giovane ragazza tedesca, Anna, porta quotidianamente omaggio alla tomba del suo amato, caduto al fronte. Un giorno, proprio al cimitero, si imbatte in un uomo misterioso, che ha qualcosa da raccontarle…
Chi è Frantz? Un soldato tedesco morto in battaglia? E chi è Adrien?
Non ha davvero nessuna importanza. Sono tutte giovani vittime della Prima Guerra Mondiale, vittime sacrificate dai loro stessi padri per l’amor di Patria. In guerra non c’è qualcuno che uccide qualcun altro, la guerra è un suicidio, il suicidio dell’Umanità. Ed ecco Le Suicidé, l’intenso dipinto di Manet conservato al Louvre, tempio custode dei capolavori umani, ignaro di lingue e di confini.
Tedeschi e francesi, nonostante brindino gli uni con boccali di birra e gli altri con calici di vino, sono fatti della stessa sostanza: carne, sangue e cuore. François Ozon recupera il cosmopolitismo razionalista dell’illuminismo francese (la Marsigliese!) e lo affianca al cosmopolitismo romantico tedesco, estinti e dimenticati nel clamore nazionalista dei primi del Novecento. Ma il patriottismo, che è virtù imprescindibile per la politica e per la filosofia di quel periodo, è invece fanatismo nazionalistico, una maschera, secondo d’Holbach, in cui cadono gli ingenui “buoni patrioti”, così più facilmente manovrati dai potenti.
Le granate che esplodono nel fango della trincea portano via il colore dalla vita, rendono sordi alle note di un violino, generano dolore universale.
“Non si può sostituire una persona amata”, ma si può tentare di passare oltre raccontando (e raccontandosi) qualche menzogna ispirata dall’intento “puro” di far ricrescere i fiori lì dove non è rimasto nulla, così, la rosa disseccata nel taschino di una divisa, può ispirare un giardino fiorito e colorato.
Un film “pacifista” erudito, afferma senza troppa morale, senza comizi elettorali, senz’altro attualizzabile: il sogno europeista, nato proprio dalle ceneri delle due guerre mondiali, è nuovamente minacciato dal ritrovato populismo, male incurabile delle democrazie. Si tornano a costruire muri e barriere per dividere la stessa specie, gli stessi sogni, gli stessi amori.
Massacrato dal doppiaggio italiano, presenta comunque alcune debolezze stilistiche. Il passaggio dal bianco e nero al colore, per esempio, è già stato visto altrove e sempre prevedibile. Eccellente interpretazione di Paula Beer: protagonista è il suo sguardo tra il dolce e il severo, che sbilancia un po’ il cast e i vari personaggi, talvolta troppo caricaturizzati.
About Frank Stable
Nasce a Moncalieri (TO) il 30 Maggio 1992, si laurea nel 2018 in Medicina e Chirurgia presso la facoltà di Torino. Benché in famiglia abbia sempre respirato una certa attenzione al cinema la vera passione nasce durante il Liceo Scientifico grazie alla preziosa e ispirante programmazione del canale satellitare "CULT". Sarà il film "Vodka Lemon" di Hiner Saleem a sancire la svolta e trasformare l'interesse in passione. Al di fuori del cinema i suoi interessi sono per le automobili, i viaggi e la fotografia di viaggio, la tecnologia e la grafica.