
Oberato dai debiti a causa di una impresa fallita, Checco Zalone decide di scappare in Kenya da dove sarà costretto a fuggire percorrendo così la rotta dei migranti verso il Mediterraneo.
Si piange, si ride, ci si diverte e si riflette. Tanto. Checco Zalone, alias Luca Medici, divide la critica e gli spettatori con il suo nuovo film Tolo Tolo di cui firma per la prima volta anche la regia, collaborando con Paolo Virzì per l’ottima sceneggiatura.
La storia si dipana tra Puglia e Africa, seguendo le vicende di Checco che, nell’era della cucina fusion, dei finger-food, del mango con il salmone, decide di aprire un ristorante giapponese nel cuore della Murgia nel nord barese. Gli affari non vanno bene – si sa che noi pugliesi seguiamo sì le mode, ma sul cibo siamo molto tradizionalisti – e Checco si ritrova pieno di debiti. Decide così di scappare in Kenya, in un villaggio popolato da gente che di buchi finanziari ne ha fatti anche di peggiori, dove stringe amicizia con un ragazzo kenyota, Oumar. Ma i guai sono dietro l’angolo: l’Isis invade il paese e da lì ha inizia la grande fuga verso il Mediterraneo di Checco insieme al suo amico, ad una ragazza e ad un bambino. Durante il viaggio il nostro ne combina una più del diavolo, manifestando il suo desiderio di approdare in Lichtenstein “perché lì non si pagano Ires ed Irap”. In realtà ha inizio l’attraversata dei personaggi verso un futuro migliore, che forse sarebbe stato raggiunto anche dalle tante persone morte in mare durante questi ultimi anni. Ed è qui che il comico barese emoziona: mentre lui, uomo bianco, insegna a nuotare ad un bambino di colore che “Tolo Tolo” (rielaborazione di solo solo, incitamento barese rivolto ai bambini per incoraggiarli a camminare senza sostegno) galleggia sull’acqua.

Non vi spoileriamo la fine, ma di certo possiamo affermare che con Tolo Tolo Luca Medici-Checco Zalone realizza un film quasi autoriale, riuscendo a far ridere, sorridere, pensare, commuovere in poco meno di due ore in uno stile dalla vis comica personale e riconoscibile. Senza il paravento di un nome altisonante, l’opera arriva dritta allo spettatore proprio grazie alla semplicità di un comico che con la sua ironia analizza l’Italia e gli italiani di oggi, forse un po’ troppo presi da sé stessi per riconoscere la sofferenza dell’altro.

Come Benigi con La vita è bella, Zalone compie un’opera difficile, ma assolutamente necessaria: sbattere in faccia la realtà a chi non è in grado di vederla. Assolutamente consigliato.
Giorgia Rossini
Classe 1991, laureata in Giurisprudenza, appassionata di cinema americano, inglese e scandinavo. Vive a Bari, dove è nata, in compagnia del suo cagnolino – o meglio cagnolone – soprannominato Giuggiolotto, fedele compagno di avventure e maratone cinematografiche.