Titolo: The Pills – Sempre meglio che lavorare; Regia: Luca Vecchi; Interpreti: Luca Vecchi, Luigi Di Capua, Matteo Corradini, Mattia Coluccia, Margherita Vicario; Anno: 2016; Origine: Italia; Durata: 90′
Tre amici alle prese con la crisi dei trent’anni: tra un caffè e una sigaretta, Luca, Matteo e Luigi si ritrovano, drammaticamente, a dover far fronte alla necessità di diventare adulti e di prendere posto nella società. Luigi fa marcia indietro e torna con i ragazzini ad occupare i licei, Matteo si mischia ai pensionati, Luigi, assieme ad una ragazza conosciuta ad una festa, cade nel tunnel della dipendenza da lavoro.
10 euro. 10 dannatissimi euro.
Ora, quando da “giovane scapestrato” quale sei, fai fatica ad arrivare a fine mese e il cinema (assieme al resto delle attività cosiddette culturali) è una delle prime cose che hai dovuto tagliare, quando i weekend li passi a lavorare e ormai hai accumulato una lista infinita di film candidati all’Oscar che devi vedere, c’è l’anticalcare (quello caro) per la lavatrice da comprare, una bolletta e la multa di un mese fa da pagare, quei 10 euro alla multisala te li devi giocare bene.
“Che?! Quella è la fila per Iñárritu?! Ok, due biglietti per il film dei…cosi.”
Embè? Questo si chiama ‘giocare benissimo’.
Sta di fatto che “cosi” siano un gruppo di ragazzi come te che – risparmiando sull’anticalcare per la lavatrice – s’è messo a caricare video su Youtube qualche anno fa. “Il trio di comici 2.0” li chiamano, con un’approssimazione indice della loro estraneità, i matusa (e tali si intendano pure i 23enni stagisti di una qualsiasi testata online, ignari di cosa questo significhi esattamente, che copincollano questa formula fino alla nausea, in ogni articolo che li riguardi). Sta di fatto che – così dicono – questo 2.0 stia andando alla grande e che il collettivo, dopo essere approdato in tv (Deejay TV e Italia1), finalmente arriva pure sul grande schermo, anche se in poche selezionate sale. Insomma, se sei un quasi-trentenne degno figlio del tuo tempo, questa non è soltanto un’occasione da non lasciarti scappare ma un dovere morale nei confronti dei tuoi coetanei che “ce l’hanno fatta” (e probabilmente della parte migliore della nostra Youtube). Con buona pace di Di Caprio.
Il film è una specie di summa dei loro più fortunati sketch, inseriti in un arco narrativo che li vede vittime della “crisi dei trent’anni”, alla ricerca di un posto nel mondo. Lo spauracchio del lavoro, il fisico che non regge più i ritmi (e le canne), il rifiuto delle responsabilità: Luca, Matteo e Luigi giocano con gli stereotipi dei giovani nullafacenti e sregolati che tanto hanno fatto la loro fortuna su internet e in cui tanto i loro coetanei sembrano immedesimarsi.
Una generazione che non può permettersi di citare Muccino Senior (quello – trentenne – dell’Ultimo Bacio) ma cita Muccino Junior (quello – diciassettenne – di Come te nessuno mai). Una generazione che ha fatto del fancazzismo la propria bandiera e non lo rinnega in nome di ipocrite morali, anche solo per il fatto che “una vita con la sveglia alle sette e mezza non è una vita che vale la pena di essere vissuta”.
Una colonna sonora accattivante – con pezzi, non a caso, di The Giornalisti, I Cani, Calcutta – accompagna il viaggio dei protagonisti alla ricerca di una riappacificazione con se stessi e col mondo, un mondo in cui i valori, le età, la morale sono sovvertiti. Per gli outsider (della società, della vita), c’è posto solo in periferia. I kebabbari lungo la strada, il Pigneto, i negozietti dei ‘bangla’, la tangenziale, l’appartamento condiviso a Roma Sud: questi i luoghi veri che fanno da sfondo alle vite dei tre amici, come dei loro coetanei spettatori.
Ne ha Jep Gambardella di strada da fare – e molto da filosofeggiare – prima di arrivare sulla Prenestina. Che poi, se un sessantacinquenne passa le sue giornate a riflettere sull’esistenza, non si capisce perchè non lo possano fare, tra un caffè e l’altro, dei quasi-trentenni in una più che legittima crisi d’identità. Magari non mangeranno radici – mangiano cicoriette (col passare del tempo cominci ad apprezzare quelle ripassate in padella che faceva mamma) – ma, che diamine, è gente che sa gestire uno stallo alla messicana dall’età di 10 anni. “Vecchia scuola scheggia-denti”: il crystal ball, Cristina D’Avena, la Seven Up, Fivelandia. La Diaz, Instagram, il full time, Breaking Bad (da cui prendono in prestito Gus), ce n’è abbastanza per far droollare tre quarti degli spettatori.
Il quarto mancante è quello che non sa cosa droollare voglia dire.
“Vitelloni 2.0” quindi? Forse solo per chi non sa cosa significhi scavalcare la soglia dei trent’anni oggi. (Già i 35enni faticheranno a capire.) Per chi guarda attraverso lenti impolverate o edulcorate e, probabilmente, non più in là del proprio naso. I The Pills si sono accollati il non facile compito di trasferire un tipo di linguaggio – quello del web – al cinema, cercando di fondere i registri con intelligenza e consapevolezza. Anche se l’idea del film con Iva Zanicchi radioattiva non ci sarebbe dispiaciuta, è da ammirare la loro volontà di non scendere a compromessi, riuscendo a mantenere la comicità e lo stile con cui si sono fatti conoscere ed apprezzare in questi anni e, tutto sommato, riuscendo a fare davvero un buon lavoro.
D’altra parte, questo è solo il loro primo film e, si sa, persino Fellini dovette farne di gavetta nei campi da calcetto prima di diventare un “terzino de Cristo”. Cercate su Youtube “migliori goal Fellini 1959” e fatevi una cultura.
About Elena Cappozzo
Dopo la laurea in Filologia Moderna a Padova, studia Film Writing a Roma. Sognando di scrivere “per”, scrive “di” (cinema) qua e là, accendendo ogni tanto un cero a San...SetBlv. Il grande schermo è il suo primo, assoluto amore ma le capita con discreta frequenza di tradirlo con quello della tv e persino con quello del pc (quella da Youtube e serie tv è in realtà una dipendenza piuttosto grave, no judging.)