LE CONSEGUENZE DELL’AMORE

Regia: Paolo Sorrentino; Interpreti: Toni Servillo, Olivia Magnani, Adriano Giannini, Gianna Paola Scaffidi, Raffaele Pisu; Origine: Italia; Anno: 2004; Durata: 100′

Le conseguenze dell’amore racconta la parabola esistenziale di Titta Di Girolamo, non-uomo confinato in una stanza d’albergo (il non-luogo per eccellenza) che, grazie all’intenso quanto breve innamoramento con una cameriera, tornerà alla vita, alla capacità di provare emozioni, e con esse, paradossalmente, arriverà alla morte.

La morte, infatti, sembra essere il pegno da pagare per tornare ad avere un’esistenza in cui il protagonista, timido misantropo maniaco del controllo (si pensi alla religiosa osservanza della regola di iniettarsi una dose di eroina una volta a settimana), potrà davvero vivere e tagliare i lacci che lo tengono prigioniero di un ricatto mafioso.
Titta di Girolamo, baricentro del film, è un personaggio costruito per sottrazione, dipinto dai propri silenzi, dalla propria timidezza osservatrice. Il silenzio è il suo scudo di difesa dalle emozioni e dai coinvolgimenti emotivi ma anche la sua arma d’attacco contro l’insensatezza delle persone e della vita: il silenzio è talmente intrinseco a lui che sarà anche il mezzo attraverso il quale nel finale riuscirà ad affermare il proprio riscatto come uomo, non confessando alla mafia dove ha nascosto la valigia piena di denaro. Servillo risulta magistrale nel rendere l’immobilismo esistenziale dell’uomo attraverso minime variazioni della mimica facciale.

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La regia di Sorrentino si caratterizza per un registro stilistico multiforme, che compensa la profonda focalizzazione sul personaggio – a scapito di una trama in cui succede poco o nulla – con ribaltamenti di prospettiva (come la scena dell’estasi da eroina di Titta), rapidi movimenti di macchina che sottolineano le emozioni dei personaggi, e scene dal ritmo sincopato. Il tutto spezza il ritmo narrativo e contribuisce a rendere il film un’unità fluida.

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A livello di scrittura, si nota, come pure ne La grande bellezza, la presenza di frasi dal suono particolarmente didascalico, quasi una spiegazione verbale del nucleo di significato del film: la questione è capire se si tratti di un espediente ironico da parte dell’autore (e d’altronde l’ironia emerge, graffiante, anche nella descrizione del mondo mafioso) oppure di uno spiccato tentativo di parlare alle masse.

Un plauso particolare va alla colonna sonora, che sembra quasi compensare la mancanza di emozioni della “maschera” Titta di Girolamo.

di Valeriano Musiu

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