
La storia di una giornata di servizio dei tre poliziotti della Brigata Anti Crimine di Montfermeil, all’estrema periferia di Parigi. Quello che sembra un normale pomeriggio d’estate, tra piccoli crimini e fragili equilibri nei diversi gruppi etnici, si tramuta in uno scenario da guerriglia, con un’escalation di violenze che solo l’intervento di personaggi dal carisma incontrastato saprà (temporaneamente?) sedare.
Il regista Ladj Ly, classe 1978 di origine maliana, con I Miserabili è al suo brillante esordio nella regia di lungometraggi (Premio della Giuria a Cannes, quattro César e una nomination tra i migliori film stranieri agli Oscar 2020), manifestando una notevole forza narrativa derivante anche dalla diretta esperienza di quanto raccontato. Infatti, oltre ad aver vissuto nella banlieue che perfettamente descrive, nel suo passato non troppo remoto annovera anche dei guai con la giustizia per aver filmato una scena di violenza da parte della polizia, violenza e degrado sociale ai quali oggi sta cercando di dare una risposta con la fondazione di una scuola gratuita di cinema, l’école Kourtrajmé, proprio a Montfermeil.
Cosa succede quando una cinepresa giovane, ruvida e black si sofferma ed osserva i quadri di Eugène Delacroix? Succede che le barricate che hanno fatto la storia di Francia sono fatte di lamiere e carrelli della spesa, che la Libertà non è più una semidea discinta, ma un ragazzino della banlieue multicolore, ma perché non ne condividiamo le stesse ragioni?
Come nella migliore delle letture di Hugo, citato nel titolo, nella storicità dei luoghi e nella chiosa, quando il linguaggio è quello sordo della violenza i contorni tra chi è il Redentore e chi è il Redento si frastagliano in un magma incandescente. Un improbabile “Sindaco”, con la sua squadra di scagnozzi, e un ex criminale diventato figura di riferimento, fisica e spirituale, dei Fratelli Islamici del circondario, provano a mantenere sotto controllo la situazione, pronta a riesplodere al primo alito di vento, tra i labirintici bracci delle case popolari di Montfermeil.

In una landa così piena di simboli, eppure così desolata anche all’occhio contemplativo di un drone, le uniche oasi di pace e solidarietà, e forse anche di speranza, sorgono attorno alle donne, creature che trovano nella propria essenza variopinta e nella lingua di un altro pianeta l’antidoto all’invisibilità.
Lo stile narrativo di LadjLy strizza l’occhio al cinema italiano contemporaneo (con un omaggio indiscusso a Gomorra (Matteo Garrone,2008) , caposaldo della narrazione della criminalità contemporanea, a L’odio ( Kassovitz, 1995 ), di cui è il figlio putativo, ma anche ad American History X (Tony Kaye, 1999) e a Jungle Fever (Spike Lee,1991) nella muscolarità dei linguaggi e degli scenari della violenza giovanile. Tale espressione giovanile trova la sua originalità in una regia che padroneggia ritmi e inquadrature da diretta social, donando gusto odierno e négresse ad un neo-neorealismo di cui è stato già detto e girato tutto. Il tratto nuovo e distintivo de I Miserabili rispetto ai predecessori del cinema black risiede nel fatto che qui non vi è alcuna celebrazione della fratellanza, anzi, i tentativi disperati di mitigazione delle rivalità vengono vilipesi e schiacciati.

Sarà interessante valutare Ladj Ly alla sua prossima opera, nel vedere se approfondirà la tematica, di cui è profondo conoscitore, affrontata nel suo primo lungometraggio o se spingerà il suo sguardo verso altri orizzonti. Per ora si parla di due prequel, uno ambientato proprio all’epoca de L’odio, e l’altro ambientato durante i disordini del 2005, citati nella sua opera.
In ogni caso da tenere d’occhio!
Beatrice Zippo
Classe 1983, vive appieno a Capurso, in provincia di Bari. Oltre che una cinefila, appassionata di cinema d’autore e di biopic musicali, è un continuum tra i numeri, di cui si occupa di giorno, e le sinestesie delle arti tutte, dalle belle arti alla settima arte, passando per quella culinaria.