Nel 2022 ho visto, rigorosamente al cinema, rigorosamente in sala, 52 film. Non solo perché dopo la chiusura forzata degli anni precedenti ero in crisi di astinenza, ma anche per una riluttanza sempre più forte a vederli in tv, in streaming, sulle varie piattaforme.
Il cinema è un rito, se possibile collettivo, ed io condivido in pieno il pensiero di Pedro Almodovar : “Lo schermo non può essere più piccolo di una poltrona”.
La pandemia ha cambiato i nostri usi e consumi, non solo riducendo il numero di frequentatori delle sale (spessissimo per la visione di alcuni film anche molto belli eravamo un totale di 4, se non 2 spettatori), ma anche accorciando la visuale. Un film pensato per le piattaforme (e quindi in prevalenza destinato alla visione tramite tv), sia pure con dispiego di mezzi e con assoluta libertà nella realizzazione, per forza di cose avrà una struttura ristretta e, qualora ciò non fosse, è la stessa visione su uno schermo che non sia quello della sala cinematografica a renderla tale.
Quanto alle tematiche la spinta è per forza di cose verso l’evasione, l’intrattenimento, la leggerezza…niente di male, ma siamo anche altro e la nostra visuale interiore, di pensiero e riflessione, ha bisogno di abbeverarsi.
Per questo invito tutti a frequentare i cinema, a vedere i film dove vanno visti, anche perché alcuni (per fortuna) non hanno sbocco sulle piattaforme e quindi, se non vogliamo perdere qualcosa di forte, speciale, magico, inteso, coinvolgente e formativo non si può che andare al cinema!
Il 2022 è stato anche un anno di ulteriore affermazione di registe donne, ampiamente premiate nei maggiori festival internazionali, e di storie di donne, un universo che si sta finalmente dispiegando, apportando una marcia in più al cinema stesso, come anche di storie che sempre più vanno nella direzione della liberazione dai pregiudizi di genere.
Quanto alla mia personale top-list, è stato difficile scegliere perché molti sono i titoli che mi hanno emozionata e colpita.
Ne indico tre, tutti non programmati sulle piattaforme, ma destinati alla sola visione cinematografica.
1) TRIANGLE OF SADNESS

Regia:Ruben Ostlund; Protagonisti: Harris Dickinson, Woody Harrelson, Charlbi Dean; Durata: 149’; Anno: 2022; Origine: Svezia.
Come dice Lars von Trier, ‘un film deve essere come un sasso nella scarpa’, scomodo e questo film di certo lo è!!!
Palma d’oro al Festival di Cannes 2022 dove ha bissato il premio conseguito nel 2017 con The Square, Triangle of Sadness conferma la vis provocatoria, graffiante ed intelligente dell’autore. Il film si apre con un lungo prologo derisorio sul mondo della moda che ha di fatto sostituito l’arte: Carl, giovane modello praticamente perfetto interpretato dall’attore britannico Harris Dickinson, deve sostenere un provino per una sfilata, ma gli viene contestata l’espressione triste e corrucciata, il cd ‘triangle of sadness’ (triangolo della tristezza), quei segni di espressione che si formano all’attaccatura delle arcate sopraccigliari. Si apre quindi la storia divisa in 3 capitoli (Carl eYaya, Lo Yacht, L’isola) il cui comune denominatore è rappresentato dal potere che deriva dal denaro e da quanto i rapporti sociali e di genere ne siano condizionati. Nel primo capitolo la discussione al ristorante tra Carl e la sua fidanzata influencer Yaya Charlbi Dean su chi debba pagare il conto tocca più propriamente la tematica dei rapporti di genere. Nel secondo capitolo ci ritroviamo su uno yacht extra lusso dove la coppia è stata invitata per una crociera, palcoscenico della più ampia dis-umanità multimiliardaria (il magnate russo, la coppia di ‘dolci’ nonnini inglesi produttori di armi), il cui capitano è un nostalgico alcolizzato marxista Woody Harrelson che si arrenderà al sopraggiungere di una tempesta perfetta, una lunga sequenza corrosiva come poche mai viste. Gli sparuti sopravvissuti naufragheranno su un’isola (terzo capitolo) dove i rapporti di forza e di potere e la lotta di classe, non più regolati dal denaro ma dalle capacità di sopravvivenza, saranno totalmente ribaltati grazie all’affermazione di un matriarcato, sebbene ancora di impostazione maschilista (sic!). Simbolico della auto-distruzione di un sistema ormai giunto alla sua fine, eccessivo, paradossale, a tratti umoristico, ma anche profondamente vero nella sua satira cinica e spietata, Triangle of Sadness ha un finale aperto: speranza di cambiamento o dinamiche di potere destinate a ripetersi immutate ed immutabili? Un film imperdibile, che conferma Ruben Ostlund uno dei migliori registi ed autori capaci di rappresentare la nostra società “di merda”.
2) ALCARRAS

Regia: Carla Simon; Interpreti: Jordi Pujol, Anna Otin, Xenia Roset; Origine: Spagna; Durata: 120’; Anno: 2022.
La poesia della vita rurale con un modo di raccontare lirico e non banale.
Alcarras, della regista spagnola Carla Simon, Orso d’Oro al Festival di Berlino 2022 come miglior film, è un’opera poetica ed incisiva. Narra le vicende della famiglia Solè, che da generazioni coltiva un vasto frutteto di pesche nella campagna assolata della Catalogna, e del loro ultimo raccolto; a breve il terreno verrà espropriato da una multinazionale di pannelli solari. Tre generazioni intersecate, unite e fortemente connesse tra loro e alla terra, collante speciale e comune denominatore, con la quale ciascuna ha un rapporto differente: il gioco e l’esplorazione dei bambini, le prime prove di crescita degli adolescenti, la dura fatica degli adulti, la rimembranza dolce degli anziani. La regista sceglie un cinema di vita vera, tramite scene successive che riprendono momenti di vita quotidiana dei protagonisti che non recitano (sono tutti non professionisti), ma vivono sé stessi, per un effetto che, lungi dall’essere documentaristico, è di lirismo poetico, delicato e avvolgente, privo di sentimentalismi e pregno di tutte le passioni della vita, in primis la lotta per la propria identità. Stiamo perdendo la cultura contadina e il rapporto con la nostra Madre Terra, quanto di più prezioso possiamo avere, che in un mondo ideale e matriarcale di sicuro sarebbe al centro di tutto.
3) SAINT OMER

Regia: Alice Diop; Interpreti: Kayije Kagame, Guslagie Malanga; Origine: Francia; Durata: 122; Anno: 2022.
Essere madre, essere figlia, essere donna, essere nera. Pregiudizi e verità ancestrali in una storia che lascia il segno.
Saint Omer, della regista francese di genitori senegalesi Alice Diop (Gran Premio della Giuria e Premio Migliore Opera Prima al Festival di Venezia 2022) si ispira ad un caso giudiziario che ebbe molta risonanza in Francia agli inizi degli anni 2000 nella cittadina di Saint Omer: l’infanticidio di una bambina di 15 mesi da parte della madre di origine senegalese, Laurence interpretata da Guslagie Malanda. Nel film il processo viene seguito da Rama Kayije Kagame una professoressa di letteratura francese parimenti di origine senegalese, in attesa del suo primo figlio, la quale ha in progetto un lavoro ispirato al mito di Medea. Assistendo alle udienze in Tribunale e in particolare agli interrogatori di Laurence, Rama inizia una sua riflessione sempre più personale e sconvolgente sul significato di essere figlia e madre, quasi una introspezione psicoanalitica, giacché ciò che Laurence afferma inquieta e smuove archetipi fortissimi. La regista con questa storia lavora su due piani: la rappresentazione/demolizione dei doppi pregiudizi relativi a Laurence, perché donna e perché nera, e il lavoro di immedesimazione con l’infanticida che resta un personaggio complesso, enigmatico ed impenetrabile. Come la stessa regista ha affermato “Con questo film ho cercato di sondare l’indicibile mistero di essere madre.”. Questo mistero comprende anche il rapporto che si è avuto con la propria madre, giacché, come l’avvocata di Laurence afferma nella sua requisitoria, durante la gravidanza le cellule vengono trasferite in entrambe le direzioni in modo che entrambe le parti risultino modificate, cellule non a caso definite ‘chimeriche’ dalla scienza. La chimera nella mitologia greca è un animale mostruoso, assemblaggio di animali diversi, ma dagli enormi poteri. Saint Omer è un film che scuote, coinvolge, colpisce nel profondo offrendoci forti spunti di riflessione e personaggi femminili che difficilmente dimenticheremo.
Infine non posso non menzionare alcuni film che mi hanno colpita ed emozionata per motivi diversi:

- MONICA di Andrea Pallaoro: un ritratto delicato ed efficace contro le differenze di genere e verso la comprensione delle stesse.
- BONES AND ALL di Luca Guadagnino: una love story emozionante ed assoluta come la prateria americana.
- ENNIO di Giuseppe Tornatore: il racconto di un uomo alla perenne ricerca del suo riscatto, coincidente con la storia del cinema e della musica italiana.
- LA DONNA DEL FIUME di Lou Ye: Vertigo in versione China girl ovvero quando l’opera contiene e trascende l’ispirazione creando qualcosa di unico.
- MOONAGE DAYDREAM di Brett Morgen: il doc su David Bowie, psichedelico, travolgente, riesce a farci entrare in parte in un personaggio che resta tutt’ora indecifrabile.
- BROKER-LE BUONE STELLE di Horokazu Kore Eda: la famiglia nelle sue varie declinazioni al di fuori di schemi imposti e al di fuori di ogni giudizio verso gli amabili protagonisti.
- LES AMANDIERS–FOREVER YOUNG di Valeria Bruni Tedeschi: coinvolgente affresco autobiografico di una età (20 anni) travolgente ed appassionata connesso con la riflessione sul teatro e la recitazione.

Di ciascuno di questi film potete recuperare i relativi post/recensione scorrendo la pagina Facebook di Cinemagazzino.
Alessandra Quagliarella

About Alessandra Quagliarella
Di Bari dove ha frequentato il liceo classico Socrate e si è laurea in Giurisprudenza. Da sempre appassionata di cinema. Nel 2013 ha frequentato il Seminario residenziale di Critica Cinematografica organizzato dalla rivista di settore I duellanti nell'ambito del Bobbio Film Festival ideato e curato dal maestro Marco Bellocchio, nonché il corso di Storia del Cinema presso l'Uniba - Università di Bari a.a.2012/2013. Ideatrice della rubrica "Cinema e Psiche" su Cinemagazzino, rubrica che si propone una riflessione sulle vicende dell’animo umano tramite l’analisi del linguaggio espressivo di quel cinema che se n’è occupato. Nel 2015-2016 ha curato e condotto una trasmissione sul cinema "Sold Out Cinema" su Controradio Bari.
Precisa e competente.
Da Lei si può solo imparare
Grazie!