Ieri sera, dopo tanto (troppo) tempo finalmente sono tornata al cinema per vedere l’ultimo lungometraggio di uno dei miei registi preferiti: Park Chan-wook. Non potevo ricevere un bentornato migliore. Il cinema coreano degli ultimi anni produce veri capolavori e tra questi c’è sicuramente Decision to leave, premiato all’ultimo Festival di Cannes per la miglior regia.
Un film che elegge la vista a senso per eccellenza, in cui guardare diventa atto di riflessione sullo sguardo perché è agito da occhi spalancati sull’abisso della vita e della morte.
Il protagonista è un insonne detective, Jang Hae-jun, interpretato da Hae-il Park, attore di un’altra interessante pellicola coreana che vi consigliamo di recuperare su Sky Cinema: Memorie di un assassino del bravo Bong Joon-ho, regista di Parasite. Hae-jun non chiude occhio neanche la notte, tormentato da una fortissima insonnia. Di giorno vi istilla un collirio che gli dilata le pupille e sembra consentirgli di vedere metaforicamente anche oltre l’apparenza delle cose che osserva.
Le palpebre non si abbassano nemmeno sugli occhi dei morti che Hae-jun trova durante le sue indagini. È il caso di Ki Do-soo ritrovato cadavere ai piedi di un’alta montagna che, da esperto scalatore, era solito scalare. Sulle iridi sbarrate del suo corpo senza vita banchettano gli insetti.
Da lì partono le indagini e i sospetti sulla moglie, una giovane e misteriosa donna bella e algida, Song Seo-rae a cui presta il volto l’attrice cinese Wei Tang.
Quando Hae-jun durante l’interrogatorio le chiede se preferisce sapere quello che è successo al marito tramite le parole o vedere le foto scattate sul luogo del delitto, lei sceglierà le foto quindi il guardare. Ed è questa comunanza nel “sentire” attraverso gli occhi che avvicina il detective alla sospettata in un gioco di sottile e tacita seduzione.
Park Chan-wook intreccia sapientemente il filo nero del thriller a tratti macabro e il filo rosso di un amore platonico, eppure intimo ed erotico, che si definisce e si vive tutto nello sguardo tra due protagonisti legati tra di loro da un “filo rosso”, appunto, che collega le loro anime nonostante la distanza sociale e morale.
Gli innovativi movimenti di macchina che ribaltano il punto di vista sorprendendo i nostri di occhi aumentano la tensione nervosa ed emotiva. Infine la vibrante bellezza della poesia che pervade i dialoghi e il testo della splendida canzone che ascoltiamo nel film riportano Decision to leave di diritto nella rosa dei film assolutamente da non perdere. Vi terra’ con gli occhi incollati allo schermo, ipnotizzati per tutta la durata della pellicola: 138′. Il brano “Mist” cantato da Jung Hoon Hee, famosa cantante folk coreana degli anni Sessanta, avvolge come la densa nebbia del titolo l’intero film consegnandoci la trasposizione sonora di un paesaggio non solo esteriore ma dell’anima.
About Ivana Mennella
Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.