BIFEST 2020-ANTEPRIMA INTERNAZIONALE

IL CONCORSO

Titolo originale:Misbehavior; Regia: Philippa Lowthorpe; Interpreti:Keira Knightly, Gugu Mbata-Raw, Rhys Ifans; Origine: UK; Anno:2020; Durata:106’.

Nel 1970 durante la serata di premiazione di Miss Mondo, il movimento di liberazione delle Donne di Londra interruppe la diretta televisiva. Alla ripresa della trasmissione fu proclamata vincitrice Miss Grenada, la prima Miss di colore.

Si può parlare di bellezza e lotta per la liberazione delle donne?

Non solo se ne può parlare, ma lo si è fatto. In maniera scenografica, nel 1970.

Il concorso, proiettato come anteprima internazionale in questa tormentata edizione 2020 del Bari International Film Festival nella giornata del 27 Agosto, ha provocato la platea con passione, riflessione, irriverenza.

Le lotte sociali delle donne non hanno mai seguito l’iter regolare e organizzato delle grandi manifestazioni di massa degli anni della contestazione. La presa di coscienza comune del sessismo, della reificazione, della disparità di genere, ha dovuto affrancarsi dal patriarcato fuori casa, dentro casa, nelle università, nei collettivi di sinistra radicale.                          

Un’altra rivoluzione andava raccontata: quella rivoluzione simbolica, come sarà chiamata dalle femministe della differenza degli anni ’80, da affiancare alle azioni di critica al sistema culturale e mediatico, per esempio.

E così il film mette le mani nelle contraddizioni, private e pubbliche, delle protagoniste e dei protagonisti in questa lotta di liberazione delle donne. Innanzitutto, le rivendicazioni sindacali per le donne di bassa estrazione sociale che non sempre si integravano con le modalità di protesta delle femministe anarchiche, molto più de-strutturate e rizomatiche. Il rifiuto di usare i media tradizionali come veicolo di messaggi politici e contro la cultura dominante. L’ottusità del marxismo accademico che additava la condizione femminile a questione di minoranze (sic!).Ma uno degli spaccati più vividi e contemporanei (per il grande pubblico, almeno) del film Il concorso riguarda la capacità della regia di mostrare i dilemmi di razza tra le donne stesse che ne hanno da sempre decretato l’eterogeneità e la necessità di decolonizzare l’immaginario della liberazione stessa. Parola difficile, pericolosa, se non si precisa chi detiene il perpetuo potere di liberare e chi subisce e non agisce la propria liberazione.

La protagonista femminista del film, Sally (Keira Knightley), fa parte di un collettivo che decide di irrompere nel popolarissimo show televisivo dedicato al concorso “Miss Mondo 1970” dopo aver regolarmente acquistato il biglietto di ingresso. I loro cartelli denunciano come questa kermesse sia un ‘mercato del bestiame’ (unico altro luogo dove si conferisce valore dopo aver preso le misure fisiche di un individuo), come le manifestanti siano ‘nè belle, nébrutte, ma arrabbiate’

La bellezza, però, è un’arma. Un’arma che le chiacchieratissime Miss Grenada e Miss Africa-South (da affiancare a Miss South-Africa, bianca) avevano scelto di usare come emancipazione. Entrambe nere, per la prima volta partecipano al concorso con innumerevoli implicazioni politiche, dato che il regime di apartheid vigente allora in Sudafrica non permetteva a modelle nere di rappresentare il paese in competizioni internazionali. Lo fanno per i propri paesi emarginati dall’occidente, per le ragazzine che le avrebbero guardate in TV e avrebbero pensato che si può essere belle, le più belle del mondo, e influenti, anche se nere.

Ma il femminismo che ha in mente questo film mostra anche le contraddizioni domestiche del ‘personale è politico’. Il dialogo tra la protagonista e sua madre, vista come donna-madre-moglie tradizionale e senza aspirazioni, vissuta come un esempio femminile da non seguire, a differenza del padre: “Nessuno dovrebbe vivere come te”, le dice la figlia, femminista e partigiana della liberazione delle donne. Questo snodo non è ben sviscerato nel film, quello relativo al coraggio della lotta e alle conseguenze pesanti che questo comporta. Un lieto fine un pò troppo affrettato, che non affronta le disparità generazionali e tocca solo uno degli (importanti) aspetti delle rivendicazioni paritarie: essere come gli uomini perché solo questo permetteva di essere libere, senza interrogare cosa questo realmente significasse, di quale ‘libertà’ si stesse davvero parlando.

Le femministe de Il concorso – tratto dalla storia vera della vittoria di Miss Mondo del 1970 di una donna nera – non si scagliano contro le altre ragazze che avevano deciso di partecipare al concorso. Non erano loro l’oggetto della denuncia. Il sistema che concedeva loro di esistere solo ed esclusivamente in quanto portatrici di determinate fisicità da scrutare e mai ascoltare era l’oggetto della denuncia.

Avrei voluto avere le tue stesse opportunità dalla vita”, dice Miss Grenada appena incoronata Miss Mondo 1970 a Sally, poco prima che quest’ultima venga arrestata per disturbo della quiete pubblica durante lo show. 

Non possiamo permettere che ci mettano contro solo sulla base dell’aspetto fisico. Sono contenta che tu abbia vinto il titolo”, le risponde Sally.

Rossella Traversa

Lecturer in Psicologia presso la University of New York di Tirana dal 2017 al 2019. Si è occupata di corporeità e potere trascorrendo 9 mesi negli Stati Uniti – tra il 2010 e il 2011 – come visiting scholar presso la Clark University. Dal 2015 scrive di spettacolo (principalmente teatro, danza, cinema, arte contemporanea) e dal 2016 su https://www.artslife.com/author/rossella-traversa/ dopo aver conseguito un Master in Critica Giornalistica dello Spettacolo (Teatro, Cinema, Musica e Televisione) presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma

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