Titolo: A casa nostra; Titolo originale: Chez nous; Regia: Lucas Belvaux; Interpreti: Émilie Daquenne, André Dussolier, Guillaume Gouix, Catherine Jacob, Anne Marivin; Origine: Francia, Belgio; Anno: 2017; Durata: 117′
Pauline è infermiera a domicilio nella Francia rurale, su al Nord. In questo clima desolante, fatto di criminalità, immigrazione, sussidi di disoccupazione e mesoteliomi pleurici, serve qualcuno che possa, come futuro sindaco, incarnare i valori del partito nazionalista RNP guidato dalla determinata Agnès Dorgelle. Chi meglio di Pauline?
Capelli biondo platino, sguardo severo, sorriso glaciale e impermeabile nero: Agnès Dorgelle (leggi Marine Le Pen) sta dilagando per consenso in tutta la Francia, scontenta della gestione “europeista” dell’establishment: non siamo “né di destra né di sinistra” grida a gran voce tra inni e bandiere sventolanti. Eppure sotto la maschera del “cambiamento dal basso”, molto di moda ultimamente in tutta Europa, si cela, neanche troppo velatamente, l’estrema destra del “Front National” fatta, anche, di fronde violente espressamente nazi-fasciste. Il passato non si può cancellare, ci dice il regista Lucas Belvaux, che si tratti di una storia d’amore o della Storia di un Paese.
Il volto virgineo e conosciuto dell’ingenua Pauline (l’indimenticabile Rosetta dei Dardenne) è perfetto. La giovane infermiera “cade” tra le grinfie dei “lupi”, lusingata dalla proposta e inebriata dall’entusiasmo dei comizi elettorali, viene convinta a candidarsi a sindaco della piccola cittadina mineraria di Hénard. È la pedina nella scacchiera di un movimento politicamente spietato.
Il transatlantico Europeista, lentamente, sprofonda sotto il peso di normative, conti, grafici e dettami troppo uguali per popoli troppo diversi. Intanto, la minaccia jhadista miete vittime nei centri commerciali, fino a prima “oasi dorate”, “templi dell’Occidente” lontani dalle polverose guerre del Medio Oriente. Il piatto è troppo ricco per i leader che, fino ad oggi, si sono accontentati delle “briciole” di consenso che cadevano dal tavolo: Le Pen, Salvini, Grillo, Farage, Blok o Haider attingono tutti dallo stesso “bacino”, con tematiche semplicistiche e slogan perentori, disposti ad accantonare i propri storici ideali pur di allargare il consenso.
La provincia trasandata e abbandonata d’oltralpe cerca “provvedimenti concreti” che interrompano la spirale di povertà e disoccupazione. Siamo nelle nebbiose pianure del Pas-de-Calais, ben lontane dai lucenti salotti parigini, completamente autoreferenziali e sconnessi dalla realtà, esattamente come il Texas di Trump rispetto alla Manhattan della Clinton.
A casa nostra ha, in questo, un tempismo perfetto: la Francia di Pauline è la Francia di oggi, in piene elezioni presidenziali, la prova di maturità determinante per il destino del Paese e dell’Europa. La realtà di Belvaux è sobria e credibile, testimonia con relativo distacco e fuor di retorica cercando di scuotere le menti “sonnecchianti” dei cittadini francesi.
Non vengono tuttavia indagate le responsabilità che ci hanno condotto a questo scenario “apocalittico”, forse solo timidamente accennate nella figura del padre di Pauline, un sindacalista comunista dei tempi d’oro: malato e disilluso, passa le sue giornate in casa, ipnotizzato da programmi demenziali.
È la metafora vivente di una ideologia che ha fallito e che ancora oggi resta ancorata al suo passato di nostalgia e rancore. Se i movimenti “né di destra né di sinistra” stanno avendo tanto successo è anche perché la destra e la sinistra “di sempre” non sono state in grado di creare nuovo consenso, rimanendo “abbarbicate” a posizioni anacronistiche e, soprattutto, a poltrone troppo comode.
A casa nostra è un film prima di tutto politico, dunque, una vera e propria “missione pedagogica”, ma anche cinema realista di qualità, fatto ancora di persone, di luoghi e di storie verosimili. Merito anche dell’ottima recitazione degli attori, convincenti e trasportati da ruoli sentiti e partecipati.
Alla presentazione del trailer in Francia, c’è stata una grande mobilitazione del Front National e dei suoi “seguaci” su Youtube, per screditare l’opera e scoraggiarne la visione.
Siete avvisati, l’Europa è proprio come un “campo minato”, pronto a esplodere.

About Frank Stable
Nasce a Moncalieri (TO) il 30 Maggio 1992, si laurea nel 2018 in Medicina e Chirurgia presso la facoltà di Torino. Benché in famiglia abbia sempre respirato una certa attenzione al cinema la vera passione nasce durante il Liceo Scientifico grazie alla preziosa e ispirante programmazione del canale satellitare "CULT". Sarà il film "Vodka Lemon" di Hiner Saleem a sancire la svolta e trasformare l'interesse in passione. Al di fuori del cinema i suoi interessi sono per le automobili, i viaggi e la fotografia di viaggio, la tecnologia e la grafica.