
Il cinema ha rappresentato la donna in vari modi. Dalla sofisticata diva di Hollywood in declino, Norma Desmond, in Viale del tramonto all’hacker punk Lisbeth Salander di Uomini che odiano le donne passando per Thelma e Louise del film omonimo. Personaggi femminili che abbiamo odiato o amato, in cui ci siamo magari riconosciute totalmente o solo per alcuni tratti. Se dovessi fare una lista dei personaggi femminili di celluloide che mi hanno maggiormente colpito sarebbe una lista lunga e mi risulterebbe difficile definire una preferenza assoluta. Ma c’è un personaggio in assoluto che mi è rimasto nel cuore più di altri anche a distanza di anni. Non è una donna particolarmente forte come Mildred Hayes in Tre manifesti a Ebbing, Missouri, non è una donna di spiccata caratura morale come Ida nell’omonima pellicola, non è una donna geniale come le protagoniste de Il diritto di contare o impegnata socialmente come l’eroina di Miss Marx, né tantomeno di una bellezza impeccabile come le protagoniste/antagoniste di Eva contro Eva. No. Il personaggio che ho in mente (e nel cuore) è graziosa nelle sue imperfezioni, umana nei suoi inciampi sentimentali, intellettuali e morali. Sarà per questo che si è assolutamente guadagnata tutta la mia simpatia. La donna in questione è Carrie Bradshaw (interpretata da Sarah Jessica Parker, vera icona di stile) di Sex and The City, la serie tv che nonostante sia ormai datata (le sei stagioni sono state girate circa una ventina di anni fa, dal 1998 al 2004) risulta sempre attuale per le tematiche universali che affronta. Nonostante l’indubbia frivolezza degli argomenti trattati è un brillante ritratto sociologico della City di allora e per certi versi anche delle grandi città di adesso.

Piccola di statura ma icona di stile esattamente come la sua casa nel West Village, Carrie scrive sul New York Star per il quale cura la rubrica Sex and the City. La sua vita è brillante come lei. Si divide tra amiche vere (c’è qualcosa di più importante?) amori intensi (a cui aspira qualsiasi donna, più o meno tacitamente), un lavoro che adora (quanti di noi possono dire lo stesso?), locali glamour, migliaia di vestiti e soprattutto di splendide scarpe alla moda (riconosciuta ossessione femminile). Le inquadrature si alternano tra la luminosa Apple del laptop Mac sulla cui tastiera Carrie batte velocemente le dita mentre fuma, e la scintillante Big Apple su cui affaccia il suo bilocale ad affitto bloccato nel trendy West Village. La camera la segue mentre oscilla su tacchi vertiginosi per andare a cena con le amiche in qualche ristorante alla moda o mentre in bilico sulla scalinata fuori casa sua bacia il corteggiatore di turno.
Qualcuno ha detto che “Il cinema è una fabbrica di sogni” e come tale instilla desideri. A me, personalmente, il telefilm ne ha innescati tre già alla prima scena: vivere a New York, fumare, scrivere personali osservazioni sulle complicate relazioni umane. Dei tre desideri indotti, ho assecondato solo il terzo e in segreto. Poi mi sono limitata a un giro di una settimana a New York con qualche tappa nei luoghi della serie. Oltre ai suddetti insensati desideri, quello che Carrie instilla in ogni donna (ma magari anche in qualche uomo) è un’esplosione folle di joie de vivre. Del resto ci mostra alcuni dei motivi principali per cui la vita è bella: l’amicizia, l’amore, il sesso, le risate, la condivisione con altri essere umani di pensieri e sentimenti.

Pur non avendo le fattezze di attrici esteticamente impeccabili, la bionda protagonista splende di luce propria, esibendo con allegria il viso imperfetto e un corpo esile vestito sempre con abiti dai colori improbabili, ornati di fiori o piume e indossati con una naturalezza che nessun’altra attrice credo abbia mai avuto. Le sue giornate sono movimentate da un’idilliaca compresenza di cose belle ma di natura opposta. Senza famiglia, ma mai sola. Con un lavoro, ma senza orari fissi o timbrature. Con un armadio pieno di scarpe di Manolo Blahnik pur non avendo un lauto conto in banca. Senz’auto, ma con il taxi sempre pronto sotto casa. L’unica incombenza della vita di Carrie Bradshaw sembra sia quella di annotare i suoi pensieri in forma arguta per una seguitissima rubrica su una delle riviste più lette di New York. È affascinante questa sua vita in continua e dolce ascesa, con il paracadute sempre pronto ad aprirsi in caso di improvvise virate verso il basso che riserva a volte il destino, ma con il lieto fine inscritto nel DNA. Se si perde il lavoro arriva in soccorso uno dei tanti Principi Azzurri di cui sembra sia popolata New York. E se un amore va male, ci sono sempre le vere amiche. Affascinante anche quando si scopre maldestra. Perfetta nel suo essere umana, fallibile come tutte. Conosco tante donne che se ne sono innamorate fino ad emularla sia nel cinema che nella vita reale senza, tra l’altro, mai riuscirci in nessuno dei due campi. Ma si sa che l’originale è sempre meglio delle brutte copie. Io non potevo non innamorarmene. Ancora adesso l’adoro.
Nei momenti più bui di questo mio/nostro strano presente in cui la leggerezza spensierata provata in passato è evaporata chissà dove, guardo qualche puntata di Sex and the City e mi immergo in quel mondo di luci e colori in cui, grazie alla sospensione dell’incredulità che il cinema regala, lei assieme alle sue amiche mi ritemprano mente e spirito. Provate anche voi, il cinema è un potente anestetico contro ogni male.

About Ivana Mennella
Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.