Capri Revolution: Sincretico (politicamente, artisticamente, stilisticamente, linguisticamente) coming of age di una ragazza combattuta (e combattente), di una nazione sfilacciata e di un secolo atroce e magnifico. Oggetto sfaccettato, complesso e sfuggente come l’isola-individuo-Italia che lo battezza e lo vive, in (e)stat(ic)o di grazia martoniano, paga lo scotto di concorrere come pur luminoso fan(n)alino di coda di una tale sele(cce)zione, grande produzione tra le più ispirate e importanti dell’ultimo cinema italiano, ma flebile ad occhi (soprattutto esteri) ancora abbagliati da altri splendori o appesantiti dalla stanchezza (poteva essere il Lazzaro felice di Venezia). “CapriScorno”
Ying: Armonica apoteosi del binomio, estetizzante e sintetico, verboso e adrenalinico, circolare e speculare, oscuro e luccicante, mascolino e femmineo, fangoso ed etereo, fluviale e focoso, manicheo e bifronte: Zhang è l’incarnazione dell’Equilibrio, sospeso e arioso come le sue spettacolari coreografie. “Zen (e molto Z(h)an(g), cfr infra)”
The tree of life: Di Malick vedrei anche i più inutili scarti di montaggio di Badlands; per il suo risplendente capolavoro arricchito di 50′ di scene che approfondiscono la caratterizzazione dei personaggi sono quindi ovviamente in prima fila (per quanto sia diffidente nei confronti delle varianti di edizione – e fossi reduce dalla conferenza di Cronenberg, che dei suoi film passati nemmeno vuole parlare). Più naturalmente radicato alla dimensione terrena e meno graziosamente volatile, è paradossalmente un passo indietro rispetto alla versione ufficiale (come del resto ammesso dallo stesso regista), ma offre un interessantissimo sguardo sui (certosini e lunghissimi) processi creativi di Malick in sala di montaggio e sulla sua magistrale capacità di disegnare personaggi e situazioni in una manciata di secondi di sapienti ellissi che hanno tutto il sapore nostalgico del ricordo. La Luce che apre, chiude e anima lubezkianamente ogni istante non è comunque meno fioca. “The (new) life of the Tree (Fotosintesi n.2)”
Sei corti Tellegrammi:
– Blu: “Fondamentalmente cardiocircolatorio”
– Down there: “Interessanti finestre di disinteresse”
– L’estate e tutto il resto: “Lascia il nevoso tempo che trova”
– Ninfe: “Vegetativo”
– Corso Patisson: “Collaterale”
– The bastards: “Illegittimamente in selezione”
Zan (Killing): Letto da tutti (compreso il regista stesso in conferenza) come parabola di pace, è lecito analizzarlo inquadratura per inquadratura (e soprattutto stacco – taglio, di spada – per stacco) per apprezzarne i sottotesti, senza con ciò seguire la sempre fastidiosa tendenza all’apologia a spada tratta e a priori che sembra animi le gremite sale veneziane ad ogni proiezione dell’ultima creatura del più occidentofilo cineasta giapponese (per acclamazione Leone d’Argento per la miglior regia, a film nemmeno iniziato – i promotori erano poi gli stessi detrattori di Nemes, Alverson e Corbet, troppo pigri per spingersi al di sotto di superfici disorientanti). Anti-Kurosawa (ricorre il numero 7, che si riduce a 2), è un film di opposizioni, di crescite per amputazione/castrazione, di spade-fallo (nella migliore tradizione tsukamotiana) forgiate nella violenza, di impotenze omicide e sessuali risolte in scintillanti fontane ematico-eiaculatorie, di penetrazioni progressive e incompiute a mezzo stacchi sull’asse e compenetrazioni finalmente realizzate a mezzo dissolvenze incrociate. Di malickianesimo pacifista ne ho visto poco (cara la mia accreditata blu che lodava la regia dei combattimenti, francamente dimenticabile – soprattutto dopo Zhang – dato che non ne sono assolutamente il fulcro). ありがとうございました、塚本 晋也監督!”The Killing by a Sacred Pioneer”
Zan (Killing): Perché: 1) dopo aver dormito i primi 30′ di Process ho deciso che era il caso di investire meglio la seconda serata; 2) dovevo fare ammenda per aver dormito, smisuratamente a malincuore, alla proiezione di Nobi, quattro anni fa; 3) rivedere i film è probabilmente l’unica cosa che mi piace di più che guardarli; 4) dovevo verificare alcune ipotesi esegetiche; 5) Zan è la p(el)leiadica protagonista di How to talk to girls at parties, come sempre doppia e speculare, e il doppio Zan, con le sue notti variamente luminose e le sue ascese al cielo di coccinElle, è l’Elliofannia del giorno. “Spada a doppio taglio”
(nella foto: Cronenberg neoaureoleone presenta: “Rabid Spider One”, prossimamente su questi Scanners e in home Videodrome)