LOCKE

lockeRegia: Steven Knight
Anno: 2013
Origine: USA, Gran Bretagna
Durata: 85’

Il film di Steven Knight, presentato alla 70° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione fuori concorso, racconta un’ora e mezza della vita di Ivan Locke, capocantiere apprezzato dai superiori, marito e padre premuroso, che, per un errore commesso in passato e per la decisione di porvi in qualche modo rimedio, potrebbe vedere la sua vita sconvolta.

Per tutta la durata del film, lo spettatore rimane al fianco del protagonista, condivide lo spazio dell’auto e il paesaggio notturno che scorre fuori dal finestrino, poco a poco apprende quali siano la meta e la causa del suo viaggio. Questo graduale svelamento funziona anche per quanto riguarda il protagonista stesso (di cui non viene mostrato il volto alla prima apparizione sullo schermo, in una presentazione in qualche modo “ambigua” che ben si riflette nell’intera struttura del film), la sua personalità, che Tom Hardy, con un’interpretazione eccellente, costruisce basandosi soprattutto sui particolari, ad esempio pochi gesti ricorrenti, come rimboccarsi la manica o soffiarsi il naso. È una recitazione minimalista e sobria che si accorda con il tono generale della storia e del film ed è estremamente efficace, in quanto riesce a mettere in luce senza forzature didascaliche le caratteristiche del personaggio.

locke_hardy

Ivan Locke è un uomo integro, coerente con i propri principi, che si assume le proprie responsabilità e confida nella parola come strumento per spiegare, risolvere i problemi e mettere a posto le cose. Proprio per questo il film si basa totalmente sui dialoghi tra Locke e gli altri personaggi e in queste conversazioni Locke ripete più volte l’invito a parlare, a discutere. Le telefonate che si succedono per tutto il tempo, inoltre, sono un mezzo per alimentare la tensione narrativa e, contemporaneamente, il contenuto dei dialoghi si pone in una sorta di contrapposizione alla struttura del film. Se, infatti, le parole sembrano prospettare una soluzione positiva, la situazione fisica del protagonista, invece, chiuso in un unico spazio, quello dell’auto, per l’intera durata del film, in una notte che sembra non finire mai, suggerisce un esito opposto (lo stesso titolo del film e cognome del protagonista rimanda a questa situazione di chiusura, in quanto il verbo inglese “to lock” significa “chiudere, bloccare”), mostrando quanto fragili e instabili possano essere a contatto con la realtà quei principi morali ed etici che si è scelto di seguire.

Grazie all’equilibrio tra le varie componenti, all’unitarietà formale e di contenuti, muovendosi in bilico tra un genere – il thriller – e la sua negazione, il film di Steven Knight riesce a sviluppare una profonda riflessione sulle scelte e le responsabilità, inserita in una struttura efficace e non banale.

About Alessandra Pirisi

Tra i fondatori di Cinemagazzino, ne è stata redattrice e collaboratrice fino al dicembre 2018. Laureata all’Università di Bologna in Lettere moderne. I suoi interessi vertono su letteratura (suo primo amore), teatro, danza, cinema, musica e Bruce Springsteen. Si interessa – molto – a serie tv, in particolar modo poliziesche. Ha un'ossessione totalizzante per il cinema indiano.

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