Regia: Noah Baumbach; Interpreti: Greta Gerwig, Mickey Summer, Adam Driver, Michael Zegen; Anno: 2012; Origine: USA; Durata: 86′
Sembra quasi intimidita dalle battute di Paolo Virzì, Greta Gerwig, attrice protagonista e co-sceneggiatrice di Frances Ha. Abbassa la testa e sorride alla traduzione delle parole del direttore del TFF 2013 la sera della presentazione del film al cinema Massimo. Scopri che ti sta già simpatica.
Quando è ritratta in bianco e nero sullo sfondo di una malinconica New York, con l’aria goffa e autoironica, invece, ti incanta.
Con gli occhi grandi, sinceri e meravigliati, saltella per le strade newyorchesi, per le case dei suoi mille e variegati quartieri. Brooklyn, Chinatown, Greenwich. E non ci stancheremmo mai di in-seguirla con lo sguardo.
Frances potrebbe essere uscita da un cartone animato per come parla, per come guarda il mondo, per come approccia le persone e in questo risiede l’immenso fascino che irradia in tutto il film.
Sarà che la sceneggiatura a quattro mani con Baumbach ha reso il film in parte suo, ma è davvero lei a reggerlo sulle spalle per tutta la sua durata, facendoci ridere, intristire, meravigliare.
A metà tra una ragazza e una donna, cerca quello che tutti cerchiamo: essere felici, realizzarsi. Non ci riesce, ma a modo suo se la cava sempre, quando non ha i soldi dell’affitto, quando la sua migliore amica si innamora e parte per il Giappone, quando non riesce ad entrare nella compagnia di danza.
Ciò che la rende un personaggio femminile diverso da tanti altri è la sua immediata e fresca comunicatività, sia fisica che verbale, la leggerezza della sua figura intagliata su una monocromatica New York che l’accoglie e poi la rifiuta.
Indimenticabile la scena in cui corre per strada mentre in sottofondo ascoltiamo David Bowie cantare “…but I try” della sua Modern love. In quel momento Frances siamo noi, quando proviamo, quando perdiamo.
Come si capirà alla fine del film, l’“Ha” del titolo sono le prime due lettere del cognome di Frances che lei scrive su un pezzo di carta per inserirlo nella targhetta della mailbox della sua nuova casa. È costretta però a piegare il pezzo di carta perché il cognome è troppo lungo e non entra nello spazio.
Simbolo forse del fatto che si può vivere bene anche così, esprimendo se stessi ma adattandosi all’ambiente, come fa lei con un broncio che muta poi in sorriso.

About Ivana Mennella
Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.