BIFEST 2016 – FESTIVAL MARCELLO MASTROIANNI

La 7ª edizione del Bifest da poco conclusasi è stata dedicata a Marcello Mastroianni con un vero e proprio festival all’interno del festival. Dei 147 film da lui interpretati, ne sono stati riproposti molti italiani  ed un solo straniero, Oci Ciornie (1987) del maestro Nikita Mikalkov, che Mastroianni adorava. Inoltre, il Festival si è arricchito di numerose master class tenute da grandi registi che con lui hanno lavorato.

Chi era Marcello Mastroianni? Quale il suo fascino? Di cosa si componeva la sua bravura attoriale? E il Mastroianni uomo, era davvero un latin-lover? Alla luce del ricco ed unico materiale di originali testimonianze rese, cerchiamo di delinearne un ritratto e di penetrare nel fascino indiscusso di un uomo/attore amatissimo sia dalle donne che dagli uomini.

 

“ Il mio è un mestiere da esibizionista; mi guadagno da vivere facendo il clown.” Marcello Mastroianni.

I FILM

MI RICORDO, SÌ, IO MI RICORDO, Anna Maria Tatò, 1997

«Questo film è ispirato al ritratto di Orson Welles che a Marcello era molto piaciuto; gli piaceva l’idea di raccontarsi in un film. Il formato 35 mm della pellicola fu una scelta condivisa. Quando lo conclusi si domandava se non fosse un film pretenzioso-presuntuoso. La sua grandezza era che recitava senza che sembrasse recitare; nel film ad un certo punto recita Checov, ma capisci che è un pezzo di Checov solo alla fine, perché lo dice lui.»

LA PELLE, Liliana Cavani, 1981

«Marcello Mastroianni per me è stato creato per fare il cinema e in particolare questo ruolo in La pelle. Non gli feci alcun provino: lo reputavo quello che ci voleva.»

VERSO SERA, Francesca Archibugi, 1990

verso sera«L’eccezionalità di questo film per me è stata avere il più grande attore italiano per un personaggio al quale avevo lavorato per 9 anni. Io avevo scritto il film per Gassman, ma il mio produttore mi suggerì Marcello, diceva che sarebbe stato meno scontato; gli aveva inviato il copione e gli era piaciuto. Io replicavo che non aveva le mani da violoncellista. L’ho incontrato e lui ha cercato di convincere me, una ragazzina al suo secondo film, che poteva farlo, nonostante le manone. Lui, grande, non si sentiva superiore a niente. Venne a fare il mio film per 100 lire; era capace di generosità reale, anche economica. Gli piacevano molto i dialoghi di questo film; mi diceva: “Mi piace dire queste cose che hai scritto.

L’imbarazzo sul set è durato un giorno: eravamo tutti molto giovani. Lui è venuto solo, nudo e crudo, senza imporre nessuno. Già il giorno dopo era Marcello. Feci pochi ciak, anche se poi dipende dalle inquadrature. Utilizzavo l’italiana secca: memoria bruta/ciak-on: tutto fluidificato dopo una lunga prova prima, atona, con un totale di 3 ciak al massimo. Marcello aiutava la bambina co-protagonista del film in tutti i modi: non mi ricordo nessun problema. C’era una grande armonia sul set, si rideva molto. Con Sandrine Bonnaire aveva un bellissimo rapporto (lui era un po’ francese). Aveva molto piacere a cenare tutti insieme la sera. Ricordo che diceva a me e a Sandrine: “20 anni fa non sareste state così tranquille!”.

Ci fu un lavoro intenso di preparazione: Marcello doveva imparare a fingere di suonare il violoncello. Non abbiamo fatto discorsi su come entrare nel personaggio, ma abbiamo frequentato molti pomeriggi musicali che ci hanno avvicinati al personaggio e a noi stessi. Poi siamo stati dal sarto Caraceni (noto sarto della nobiltà romana): anche fare i vestiti era un modo per entrare in contatto con il ruolo. Il personaggio inoltre era sordo da un orecchio: andammo a cena da Suso Cecchi D’Amico (che era sorda da un orecchio) per osservarla; Marcello ha preso i suoi gesti. Anche scegliendo un tipo di scarpa (suola rigida o morbida?) si influisce sulla camminata del personaggio che così, pian piano, si costruisce.»

ENRICO IV-Marco Bellocchio, 1984

enrico IV«Ho pensato ad una versione il più possibile cinematografica, allontanandomi dal testo di Pirandello; l’avrei fatto ancora di più. Per esempio, ho eliminato le parole desuete e introdotto altre frasi, per portare il testo al presente, tipo: “Duce, duce, pagaci la luce”, che rispecchiava il clima disfattista post bellico.

Il progetto partì sulla disponibilità di Marcello; con la sua età, la sua maturità, era a suo modo pazzo con uno sguardo in fondo triste di un bell’uomo che inizia ad avere un respiro affaticato. Lo scelsi anche per la sua esperienza teatrale. Professionalmente era impeccabile, ma avvertii che non era abituato alla lunghezza delle battute (in presa diretta), lo vidi un po’ nervoso. Il teatro lo aveva fatto 30 anni prima; era l’interpretazione di un personaggio a cui non era preparato. Ovviamente lo fece benissimo; lo sentiva profondamente e voleva farlo bene. Si lavorava sulle parole, ma soprattutto sulle immagini. Ricordo che Marcello ripeteva sempre al produttore del film: “Tu non ti preoccupare: a Marco ci penso io.”»

SOSTIENE PEREIRA, Roberto Faenza, 1995

«Mastroianni era un’idea dell’autore del libro, Antonio Tabucchi, che aveva scritto di questo personaggio pensando a lui. Marcello mi chiamò da Parigi e si presentò: “Io sono Pereira.” Io ero titubante perché all’epoca lui era già malato. Non era un attore che doveva crearsi un ruolo; lui sceglieva i ruoli in base alle sue emozioni. Questo personaggio gli interessava per la vecchiaia e la vicinanza alla morte. Sceglieva i ruoli sentendoli.

La scena finale era particolarmente impegnativa, temevo non ce la facesse e invece la rese perfettamente. Era un animale cinematografico; poteva interpretare i ruoli solo se li sentiva. Non ho mai incontrato un attore come lui, perché prima di essere attore era persona. Aveva un ottimo rapporto con gli altri attori (Auteuil, Braschi). Suggeriva. Lavorava in famiglia in questo film. Il film rispetto al libro evidenzia di più l’uomo solo vicino alla fine, anziché l’aspetto politico. Credo che anche Marcello sentisse di più questo aspetto.

Vittorio Cecchi Gori non gli dette la chance di poter fare questo film; voleva Abatantuono; ci mollò e il film lo facemmo ipotecandoci casa. Quando morì Marcello, Cecchi Gori scrisse sul Messaggero: “E’ morto il mio più grande amico.“.  In effetti io ho perso un amico quando Marcello morì.»

ALLOSANFAN, Paolo e Vittorio Taviani, 1974

allonsanfan«Allosanfàn è un film nato due volte: verso il 1965 con la storia di un rivoluzionario che torna alla famiglia; nella prima stesura non tradiva e non moriva. Era un finale un po’ prometeico, non ci piaceva. Abbiamo fatto altri due film e poi lo abbiamo ripreso. Il personaggio aveva camminato accanto a noi, nel ’68 e nel post ’68. Quindi abbiamo deciso di farlo diventare un traditore. Avevamo pensato la prima volta a Volontè; poi abbiamo pensato a qualcuno che ci desse la poesia, la dolcezza del ritorno a casa. Marcello era perfetto.

Io sono un checoviano, malinconico, con sentimenti dentro; cercavo un gesto e l’ho trovato”, diceva Marcello. In effetti, nella scena del ritorno a casa, canta e poi per un attimo si accascia, ha un momento di abbandono: era il gesto perfetto. Rimase colpito dalla violenza narrativa della sceneggiatura. Gli interessava.

In genere noi non proviamo molto prima del ciak…si fa sul set. La macchina da presa è magica, è quella che ti aiuta a girare le scene. Il primo giorno di girato Marcello aveva un atteggiamento da attore anni ’40; non ci piaceva. Il giorno dopo gli dicemmo di essere sé stesso, un uomo d’oggi, Mastroianni; da quel momento è riuscito ad essere lui, a recitare con audacia, con forza, imbruttendosi con piacere nell’ultima scena. “Magari con questa brutta faccia riesco a cancellare il latin lover”, diceva.» Paolo Taviani

L’ARMATA RITORNA-Luciano Tovoli, 1984

«Il film è tratto da un romanzo dello scrittore albanese Ismail Kadare. Il vero titolo era Il generale dell’armata morta; la Rai (coproduttrice) impose l’altro titolo perché ritenne che la parola morte fosse da evitare. Lo ispirava di fare un generale cialtrone. Io davo le mie indicazioni, non moltissime; con un tipo di attore come Marcello non puoi dire: “Guarda, devi fare così”. Si danno solo indicazioni di posizione ed intensità.

In una scena c’era un forte dualismo tra il personaggio interpretato da Marcello e quello di un prete interpretato da Michel Piccoli, che era impietrito, teso. Marcello scherzando lo chiamava “Tonacone”. Alla critica di sinistra francese non piacque il personaggio di Marcello. Abbiamo fatto 5 film insieme.»

 

 

E’ lecito chiedersi come sia diventato attore e perché. Lo sono diventato all’italiana, cioè non per vocazione. Fu per caso e per necessità”. Marcello Mastroianni

IL METODO

bifest7ANNA MARIA TATO’

«Un attore è un po’ un attore anche nella vita, se racconta un aneddoto tra amici, per come usa la voce, per i tempi. Lui poi aveva la particolarità di inserire qualcosa di personale anche nel testo ufficiale, di andare un po’ a braccio, di inserire il tocco unico che lo rendeva vicino e speciale. Fece molto cinema europeo, poco americano. Gassman ci mise tanto per liberarsi di quel tecnicismo che Marcello non aveva.»

LILIANA CAVANI

«Lui diventava; capace di soffrire, ma anche di fare ironia davanti a chi non capiva. Diventava i personaggi che recitava, come Dirk Bogart. Era il migliore, il più grande attore che abbiamo avuto. Una personalità dalla quale poteva estrarre persone di ogni tipo; prendeva una persona e diventava, senza le regole dell’Actor’s Studio, tipo Dr.Jekyll e Mr.Hide. Era più che se avesse fatto l’Actor’s Studio: un grande saggio pieno di ironia, maturità e grande humour. Lui e Dirk Bogart hanno fatto Stanislavskij a casa loro. Approfondiva il personaggio da solo.

Io faccio al massimo tre ciak, ma lui era bravo dal primo. E’ impossibile fare 18 ciak: la psiche non riguarda una fantasia, ma te stesso; la vita è breve, figuriamoci un’inquadratura…la pellicola si ribella. Era molto disciplinato sul set. L’attore più amato da chi fa cinema. Non annotava sul copione; ripeteva le battute perché tutto deve scivolare come se fosse il tuo pensiero. I grandi attori masticano la parola e la fanno diventare loro. Era al di fuori della tessitura classica, dei tecnicismi. L’attore si rivela alla parola “Azione“: sfugge il controllo e diventa il personaggio al 100%. Qualcosa gli sfuggiva ragionando su sé stesso.»

FRANCESCA ARCHIBUGI

«Marcello era un attore che faceva di tutto per non essere un monumento. Lui era integrato al cinema, lui era il set, il set era il suo mondo, quasi come se il mondo fuori non ci fosse. Era completamente uno di noi. Ricordo che faceva sempre cucinare spaghetti per tutti nel suo camper. Aveva una grande coscienza di sé: sapeva l’effetto che aveva sugli spettatori, sapeva che ti regalava il suo viso, la sua voce. Era veramente un regalo, come se dicesse: “Io mio sono fidato di te, tu fai di me quello che vuoi.”. Un vero direttore di attori è quello che si fa dirigere da loro, nella capacità di relazione psichiatrica che si instaura. Lui era il più facile: voleva che tu gli dicessi tutto. Aveva bisogno che tu lo dirigessi all’interno dell’inquadratura.»

MARCO BELLOCCHIO

Cardinale-Bellocchio«Era un attore che non dava alcun fastidio: tranquillo, signorile, molto attempato. Lui dava l’impressione che non si preparasse, ma in realtà si preparava. Aveva la base, l’allenamento teatrale. Credo che si preparasse anche con assistenti, dando poi sempre un’impressione di naturalezza. Per un nuovo Marcello sono necessari anche i registi del calibro di Fellini e Bolognini che hanno fatto Marcello quello che è diventato. I registi sono ancora necessari.»

ROBERTO FAENZA

«Per lui fare l’attore era un mestiere, come l’operaio; non era divo, non si dava arie. Harvey Kietel, che io ho diretto in Copkiller, era un fondamentalista dell’Actor’s Studio; durante le scene pretendeva di avere una pistola vera e carica.  Marcello era l’opposto. Mi ricordo che una volta gli disse: “Ma se fai la prostituta, vai a battere la sera prima?”. Credo che non studiasse nemmeno il copione; lo leggeva la mattina prima di girare. Penso che lui non pensasse di essere un grande talento, non gli apparteneva il concetto di divismo. Si riteneva fortunato a fare un gioco per il quale lo pagavano pure. Non aveva sovrastrutture. Per i registi era molto facile lavorare con lui. Marcello non chiedeva troppi perché.»

PAOLO TAVIANI

«La gioia grandissima con gli attori è quando oltre quello che tu hai pensato, loro ti danno qualcosa di loro che tu non hai pensato…ti fanno un regalo.»

 

 

Non capisco perché questi Americani devono soffrire così tanto da identificarsi con i loro personaggi. Io recito. E’ molto divertente. Non c’è sofferenza.” Marcello Mastroianni

L’UOMO

ANNA MARIA TATO’

«Detestavamo il gossip, non eravamo affatto presenzialisti. La cosa che più gli interessava era muoversi: accettava le condizioni più strane, più scomode dei set. Era una star, ma gli piaceva la semplicità, stare con la troupe. Di Fellini diceva: “Bisogna stare attento a non vederlo troppo spesso, perché poi si annoia delle persone.”. Adorava Nikita Mikalkov. Con Scola il rapporto era più amichevole, da parenti.»

LILIANA CAVANI

«Era molto intelligente, ma leggero di modi. Amava molto gli spaghetti. Era amatissimo dalla troupe. Il set era la sua seconda casa, se non la sua vera casa, era il suo elemento. Con Fellini aveva una grande amicizia; per loro il cinema era l’universo nel quale esprimersi, dando tutte le loro energie. Intelligente, sensibile, sereno, rasserenante, una persona distensiva: era dotato di forza italica di distensione, di pazienza attoriale. Se qualcosa non andava bene sul set, mi diceva. “Dai, faremo meglio la prossima volta.”.»

FRANCESCA ARCHIBUGI

«Con Marcello non ci fu nemmeno la più piccola ombra di conflitto. Lui era allegria e grazia. E’ stato un incontro eccezionale: all’inizio non lo capivo come lo capisco ora. Mi ha insegnato tanto. Serietà e leggerezza, ambizione e umiltà. Il più grande esempio di come affrontare il mestiere cinematografico. Aveva un immenso amore per questo lavoro, disponibilità verso tutti, oltre la coscienza di fare qualcosa di importante. Marcello aveva un’incredibile seducenza nei confronti non solo delle donne, ma dell’umanità.»

FaenzaROBERTO FAENZA

«Non aveva richieste da divo; richiedeva solo una diaria tale da permettergli di portare a cena tutta la troupe. Generoso, alla mano, tranquillo. Democratico, ma, come Fellini, non particolarmente interessato alla vita politica. Però non gli piaceva Berlusconi. In Portogallo, dove ho girato Sostiene Pereira era molto famoso. Ha conquistato il pubblico perché era uno come noi, uno di famiglia, uno di casa. Non ho mai incontrato uno come lui. Era un uomo molto generoso, amava il prossimo, se c’era da aiutare lui aiutava. Aveva una sarta che si è portato dietro per anni, alla quale ha comprato casa, facendo anche studiare il figlio. Ha avuto anche i suoi periodi neri. Negli anni ’80, tra i suoi 50-60 anni, quasi non lavorava più; stava male. In quella fascia di età il pubblico non lo riconosceva; poi ha avuto una riscossa da invecchiato. Non ha vissuto solo il divismo, ma anche la normalità, la difficoltà che lo rese ancora più umano. A un certo punto andò via dall’Italia. Marcello capì prima di noi il danno della TV, vero cancro del paese. La tv italiana ha distrutto il cinema, pur finanziandolo, perché lo rende troppo simile alla tv. Come può essere Marcello Mastroianni surclassato da un attorucolo di popolarità televisiva? La tv è fatta di burocrati di partito che tutto hanno tranne che coraggio.

Oggi Marcello non lavorerebbe in Italia, perché la comunicazione è troppo asservita al potere; il c.d. servizio pubblico non è democratizzazione della comunicazione, ma va verso un accentramento. Il nostro paese sta diventando una colonia di altri poteri. A Marcello la tv non piaceva: infatti non l’ha mai fatta. Avrei dovuto lavorare con lui in Marianna Ucria. Lui lavorava sempre, anche per scappare alle donne. Oggi Marcello avrebbe difficoltà a lavorare, più di prima, perché c’è un appiattimento dell’audience e gli anziani sono da evitare.»

LINA NERLI TAVIANI (costumista)

«Non si considerava bello, ma era sicuro di sé. Si affidava. Aveva solo il complesso dei polpacci sottili. Per Allosanfàn siamo andati da Rambaldi che gli fece delle protesi di polpacci; poi non li ha usati in una scena in cui era a gambe nude. Non ha mai creato problemi; non gli importava del vestito, ma del personaggio.»

LUCIANO TOVOLI

«Calma soave di Marcello. Lui era dalla parte del mito rispetto a noi. La sua era una semplicità continua; trovava sempre la capacità di ascolto. Forse il momento più bello è stato quando mi firmò una lettera nella quale diceva: “Produrrò il film di Luciano e farò con lui altri 2 film”. Cose che fece davvero.»

 

 

Non sono un latin-lover, non sono un Casanova. Non sono mai riuscito a dire con- quella-ci-vado- a- letto-e-amen. Sono sempre partito da una cottarella e ho sempre finito col farmi fregare. Perché ho bisogno di inventarmela la mia storia di amore: di maturarla, di nutrirla.” Marcello Mastroianni

FILM PREFERITI

marcello1LILIANA CAVANI
«I film nei quali da il meglio di sé per me sono La dolce vita e Matrimonio all’italiana.»

FRANCESCA ARCHIBUGI
«La notte, perché è diverso; La dolce vita perché è il massimo; Dramma della gelosia, nella sequenza in cui dice: “Ma il mio dolore può servire al partito?”; Verso sera, perché era anziano, ma bello; negli ultimi film lo rendevano brutto, ingobbito; non rendevano giustizia della sua bellezza, della suo fascino anche da anziano.»

CLAUDIA CARDINALE 
«Abbiamo lavorato insieme in tanti film da I soliti ignoti a 8 ½, ma credo che il film dove la nostra intesa interpretativa abbia raggiunto il massimo credo sia Il bell’Antonio di Mauro Bolognini.»

MARCO BELLOCCHIO 
«
Nel rapporto Claudia-Marcello credo che il film migliore sia Il bell’Antonio. Come film suo La dolce vita per il tipo iconico di italiano che rappresentava; poi c’è anche la fortuna di aver fatto un film eccelso che ti porta (quasi) all’eternità come ruolo; La dolce vita è uno di questi casi.»

ROBERTO FAENZA
«La dolce vita e Una giornata particolare.

LINA NERLI TAVIANI 
«
Per la sua eleganza direi Divorzio all’italiana, un film geniale. Mi piace molto anche Non toccare la donna bianca di Marco Ferrei. La parrucca indiana che Marcello indossa per interpretare Custer fu una sua idea.»

PAOLO TAVIANI
«8 ½, La dolce vita e Una giornata particolare. In questo film Marcello, un uomo che amava profondamente le donne, con pochi gesti leggeri rende perfettamente il personaggio. Era facile strafare e cadere nella macchietta, ma lui non lo fece, anche grazie alla direzione di Ettore Scola.»

LUCIANO TOVOLI
«
Una giornata particolare e Matrimonio all’italiana.»

 

Alla mia carriera guardo come alla favola di Cenerentola. Mezzanotte verrà. E allora, di qui a mezzanotte, in questa lunga giornata che è la vita, tanto vale godersela.” Marcello Mastroianni.

marcello7

 

 

About Alessandra Quagliarella

Di Bari dove ha frequentato il liceo classico Socrate e si è laurea in Giurisprudenza. Da sempre appassionata di cinema. Nel 2013 ha frequentato il Seminario residenziale di Critica Cinematografica organizzato dalla rivista di settore I duellanti nell'ambito del Bobbio Film Festival ideato e curato dal maestro Marco Bellocchio, nonché il corso di Storia del Cinema presso l'Uniba - Università di Bari a.a.2012/2013. Ideatrice della rubrica "Cinema e Psiche" su Cinemagazzino, rubrica che si propone una riflessione sulle vicende dell’animo umano tramite l’analisi del linguaggio espressivo di quel cinema che se n’è occupato. Nel 2015-2016 ha curato e condotto due trasmissioni sul cinema: 'Sold Out Cinema' e 'Lanterna Magica, 'entrambe su Controradio Bari. Nel 2023 ha curato la rassegna cinematografica collegata al Corso diretto dalla prof.a Francesca Romana Recchia Luciani per le Competenze trasversali dell'Università di Bari con oggetto la Violenza di genere. Nel luglio 2023 ha collaborato alla rassegna 'Under Pressure, azioni e reazioni alla competizione' e nell'ottobre 2023 ha partecipato all'evento 'Taci, anzi parla. Il punto sulla violenza di genere' con un intervento sul film 'Una donna promettente', entrambi organizzati dall'associazione La Giusta Causa. Nell'aprile del 2024 ha curato una lezione su ' Sesso e sessualità: dalle pioniere del cinema muto al cinema femminista degli anni 70' nell'ambito del corso di Letteratura di genere della prof.ssa lea Durante all'Università di Bari. Collabora con l'Accademia del Cinema dei Ragazzi di Enziteto. In particolare approfondisce i collegamenti tra gli studi di genere e cinema.

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