Poliziotto schizofrenico, rapinatore politicizzato, capomafia, anarchico, dirigente comunista, autista proletario, cavaliere bizantino, metalmeccanico, assassino spietato, sindacalista antimafia. Cosa lega tutti questi personaggi, molto diversi l’uno dall’altro ma uniti da un percorso coerente di ricerca personale? Gian Maria Volonté, probabilmente il più grande attore italiano esistito.
Il Bif&st 2014 gli ha dedicato una retrospettiva ampissima denominata Festival Volonté, in occasione del ventennale della sua scomparsa avvenuta nel 1994 in Grecia, mentre girava una scena del film Lo sguardo di Ulisse di Theo Anghelopulos. Sono stati riproposti (quasi) tutti i suoi film, ma anche sceneggiati televisivi (L’idiota del 1959, Vita di Michelangelo del 1964, Caravaggio del 1967, La certosa di Parma del 1982), documentari (inclusi quelli dei quali è stato autore), registrazioni delle sue interviste e sono state organizzate una mostra fotografica e una serie di incontri condotti dalla giornalista Maria Pia Fusco e aperti al pubblico con chi (registi e attori) l’ha conosciuto direttamente.
Questo ricco programma si è concluso con un evento speciale: una lezione di cinema tenuta da Andrea Camilleri (cui è stato conferito il Federico Fellini Award for Cinematic Excellence) su Sciascia e Volonté, giacché l’attore italiano ha girato ben quattro film tratti da altrettanti romanzi o racconti del noto autore.
Di questi incontri vi proponiamo una sintesi, una trascrizione fedele di quanto è emerso, nel tentativo di delineare la personalità di un uomo e la specificità di un attore che, per la sua particolare complessità, si sottrae ad ogni incasellamento semplicistico, quasi un pianeta a parte.
I FILM
PORTE APERTE (1990) di Gianni Amelio
Gianni Amelio:
«Volonté aveva un caratteraccio. Durante la lavorazione di Porte aperte ci sono state tra noi grandi liti e altrettante riappacificazioni.
Pretendeva molto, anche che il regista rinunciasse a qualcosa, ma dava anche tanto; anzi, nel mio caso ho ricevuto più di quanto a cui, come regista, abbia rinunciato.
Gian Maria credeva molto in questo film, tanto che, schivo com’era, andò anche in una trasmissione della Carrà per pubblicizzarlo.
Successivamente Porte aperte partecipò a vari festival. In particolare, all’European Film Award del 1990, edizione in cui era Presidente Ingmar Bergman (unica sua volta): questi volle (ed ottenne) che venisse istituito un premio a parte appositamente per l’interpretazione di Volonté.»
SACCO A VANZETTI (1971) e GIORDANO BRUNO (1973) di Giuliano Montaldo
Giuliano Montaldo: «Ho avuto problemi a trovare un produttore per Giordano Bruno, ma ho anche avuto problemi con un certo Volonté. Nel periodo in cui giravamo, in Cile si era verificato il dramma Pinochet; Gian Maria spesso mi portava dei cileni sul set e mi chiedeva di farli lavorare come comparse.
La sua grinta, passione, forza le ho capite sin dal primo incontro.»
QUIEN SABE (di Damiano Damiani, 1966)
Lou Castel: «L’ho conosciuto solo qualche giorno prima di girare, ma posso dire che si trasformava grazie al suo talento generoso.
Quien Sabe è una storia di amicizia ed ambiguità, nel senso di doppio e doppio gioco, un tema molto stimolante per un attore. Ricordo che per sottolineare il rapporto di tensione che c’era tra i due personaggi che interpretavamo, lui spesso guardava fuori campo: questa era una sua invenzione.
In realtà avrebbe voluto fare il personaggio che interpretavo io; una volta sbottò: “E che faccio io qui? Solo l’affresco?”»
SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA (di Marco Bellocchio, 1972)
Marco Bellocchio: «Questo è stato l’unico film in cui abbia lavorato con Volonté. Arrivai a progetto iniziato, perché il precedente regista era stato esonerato; non ho avuto il tempo (o almeno i mei tempi) di fare il progetto davvero mio. Come prima cosa ho chiesto di poter intervenire un po’ sulla sceneggiatura per politicizzarla un po’ di più e per questo chiesi aiuto a Goffredo Fofi. Insomma ho cercato di personalizzare il film in corso d’opera.
Il personaggio di Volonté (il redattore capo Bizanti) doveva nascondere il fascismo; ecco, rappresentava il fascismo silenzioso.
Il film è del 1972: il terrorismo era alle porte. Mentre giravamo morì Gian Giacomo Feltrinelli e subito si pensò che fosse stato ucciso dai fascisti; questo lo dico per rendere l’idea del clima che si respirava allora. Quel tipo di «battito» ( e non dibattito) politico era diverso dall’impegno che credo comunque oggi ci sia.
Dopo questo lavoro, gli proposi altri due progetti che rifiutò; aveva delle idee di scelte che io non capivo.»
IL METODO VOLONTÉ
Gianni Amelio: «Il talento è faticoso; il suo lo era di certo. «Ricordo che lasciava sempre chiusa la finestra della roulotte dove rimaneva durante le sue pause perché, come diceva, “L’edificio di fronte è brutto e mi disturba”.»
Giuliano Montaldo: «Qual’ era il suo segreto? La forza di entrare completamente nel personaggio, vivendolo giorno e notte fino ad esserne dentro. A volte mi diceva: “Ma come fate a dormire con la scena che c’è domani?” Nel film Giordano Bruno, per una sequenza che dovevamo girare il giorno dopo, ma che nella finzione cinematografica prevedeva un intervallo di mesi, si presentò sul set consunto come il personaggio e la storia richiedevano, quasi dimagrito; gli stessi abiti di scena che il giorno prima indossava perfettamente, gli andavano larghi!
Scriveva le sue battute a mano, più volte. La sceneggiatura diventava uno spartito musicale. Mi ha insegnato l’importanza dei silenzi.
Studiava profondamente il personaggio, anche psicologicamente, con un metodo unico e personale. Per esempio comprava tutti i libri possibili inerenti al tema e li leggeva tutti, compiendo anche uno studio psicologico. Doveva cercare di capire il personaggio, per dare il meglio, per dare di più.
Credo che Volonté abbia fatto un suo film di regia, non ripetendosi mai. Ha rinunciato a molti film se il personaggio si avvicinava a quello precedente; questa secondo me è regia.»
Lou Castel: «Non aveva il problema di essere troppo dentro il personaggio. Il metodo attoriale l’ha trovato ed inventato lui per se stesso.»
Felice Laudadio (direttore artistico Bif&st): «Era un mostro di bravura, ma anche di cattiveria verso se stesso, severo con se stesso e con gli altri, intollerante ed intollerabile.
Spesso reinventava, e altrettanto spesso gli autori gli davano ragione, dopo memorabili litigate, ma era animato da una passione sincera.
Era attore ed autore. Per Il caso Moro (Giuseppe Ferrara, 1986) studiò tutti i filmati che riprendevano lo statista per coglierne l’anima. Per un pomeriggio intero volle che gli raccontassi di Moro, con il quale io, studente della facoltà di Giurisprudenza a Bari, tanti anni prima avevo sostenuto un esame di filosofia del diritto; era il metodo di inchiesta Volonté.
Ricordo che per Girotondo di Schnitzler (un lavoro teatrale dove fece sia il regista che l’ attore), prese almeno un centinaio di libri su Schnitzler, sulla psichiatria e la psicologia: li lesse tutti! Alla fine fece una sua traduzione di Girotondo, quasi una ristesura. Dopo la prima dell’opera all’Eliseo a Roma, dove ricevette fischi e applausi, si dichiarò contento: “Volevo provocare il pubblico borghese dell’Eliseo”.»
Marco Bellocchio: «Credo fossero idee di Volonté tutte le caratterizzazioni (la R moscia, il portamento) del personaggio di Barzanti. Lui costruiva i personaggi in modo diverso da Sordi, Tognazzi, Gassman (per quanto grandi) che facevano personaggi diversi, ma erano sempre loro. Volonté era un attore a parte, era un’altra cosa. C’erano i grandi e poi c’era lui.
Lui cambiava, si trasformava, non era riconoscibile: in questo era unico. Nel mio film per esempio (Sbatti il mostro in prima pagina), voleva fare «il cattivo».
Credo che la sua migliore interpretazione resti Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri, 1970): lì lui è eccezionale. Gli attori hanno bisogno di buone sceneggiature e buoni registi. In quel caso con Petri, Pirro (sceneggiatore) e Morricone si è creata una equipe di lavoro che ha reso possibile un grande film e la straordinaria interpretazione di Gian Maria.»
L’UOMO
Giuliano Montaldo: «Era capace di grande solidarietà e generosità. Per esempio, per Sacco e Vanzetti la produzione voleva Yves Montand al posto di Cucciolla; lui solidarizzò con me, dicendo: “Se va via Giuliano, me ne vado anche io”.
Era anche divertente; mi faceva spesso gli scherzi telefonici, cambiando la voce, e io ci cascavo sempre. Una volta si è finto Berlusconi e mi ha detto: “Lei dovrebbe fare un film anticomunista con me!”
Fu felice quando lasciò Roma con tutti i riti mondani-presenzialisti dell’ambiente del cinema, per vivere in campagna a Velletri.»
Felice Laudadio: «Era un provocatore sociale e politico, un demone della provocazione e dell’eccesso.
Sapeva ridere e far ridere. Amava la vela, giocare a carte. Una volta ad un suo amico di Velletri che aveva vinto alle carte, fece trovare un asino davanti alla porta di casa. Conosceva a memoria il Don Giovanni di Mozart.
Il suo sogno era fare film comici; in particolare era un suo progetto quello di Don Chisciotte con Paolo Villaggio.
Dopo il cancro e la depressione che l’aveva colto, perché non riusciva a capacitarsi di come “la macchina” (come chiamava il corpo) si fosse inceppata, lesse di filato in una notte per quattro volte Girotondo di Schitzler. Decise subito di farlo in teatro, lui e Carla Gravina avrebbero fatto tutti i personaggi, lui anche la regia (come in effetti fece). Credo cercasse di esorcizzare la morte che aveva visto da vicino.»
Marco Bellocchio: «Il nostro fu un rapporto molto diplomatico, giacché il film era nato in modo particolare, almeno per quanto mi riguarda. Fu comunque un rapporto collaborativo, che si fermava al set. Era molto riservato, anche se aveva i suoi amici. Aveva un carattere difficile, era schivo, di poche parole, ma usava sempre garbo, distinzione, cortesia.»
L’IMPEGNO POLITICO
Lou Castel: «Dopo il film tra noi non è continuato un rapporto di frequentazione e conoscenza, ma di stima politica; il che mi colpì. Per esempio, Volonté fu uno dei pochi a partecipare alla conferenza stampa dopo che io fui espulso dall’Italia; rifiutò anche un premio a Cannes per solidarietà con me.
Fu militante anche nelle scelte attoriali, con coraggio, coerenza, autonomia assoluta, rigore. In lui il talento e l’impegno erano inseparabili.»
Marco Bellocchio: «Molti film in un certo senso li ha fatti quasi come militante.
Per esempio aveva un rapporto dialettico e conflittuale anche in politica, nei confronti del partito, che io non condividevo giacché io sono anarchico di natura nei confronti del potere, di questi padri oppressivi.
Anche nell’impegno politico si distingueva dagli altri; sì, erano di sinistra quasi tutti, ma in fondo non gliene fregava niente. Per lui no, l’impegno politico era serio.»
SCIASCIA E VOLONTÉ – ANDREA CAMILLERI –
«Sono quattro i film tratti da romanzi o racconti di Leonardo (per gli amici più stretti Nanà) Sciascia (A ciascuno il suo di Elio Petri, 1967; Todo Modo di Elio Petri, 1976; Porte aperte di Gianni Amelio, 1990; Una storia semplice di Emidio Greco, 1991). Li ho rivisti tutti prima di questo incontro.
Premetto che ogni autore trasferito in altro linguaggio si preoccupa che almeno alcuni punti fermi del suo romanzo vangano rispettati e traghettati nel linguaggio diverso. Nel caso del film quasi sempre l’autore del romanzo partecipa alla sceneggiatura per controllare, vedere.
Sciascia è l’eccezione. Non ha mai collaborato alla cosiddetta trasposizione cinematografica e aveva ragione perché è un autore difficilissimo da portare in teatro, cinema, radio.
Questo perché Sciascia è tutto nella sua scrittura apparentemente semplice, ma che si basa continuamente sulla metafora, sull’allusione, rimanda continuamente ad altro. Anche con la migliore volontà del mondo finisci per banalizzare, con lo spiegare poco o troppo, fino alla noia.
A ciascuno il suo è uno dei film più aderenti al discorso di Sciascia. Il romanzo ha una struttura perfetta da romanzo giallo (genere che Leonardo conosceva alla perfezione), mentre nel film ci sono almeno un paio di grosse incongruenze che lui non avrebbe tollerato. Cosa salva il film? L’interpretazione di Gian Maria Volonté. Avete visto lo sguardo? Occhi che esplorano alla ricerca della verità, come piccoli cannocchiali.
Todo modo non ha niente a che vedere con il romanzo. Petri è profetico rispetto a Moro, ma è un’altra cosa dal romanzo.
Porte aperte di Amelio è una buona trasposizione. Lo spirito del romanzo, il contesto, è stato rispettato.
In Una storia semplice, infine, si compie il miracolo di restituire una eco alla scrittura di Sciascia. Tra il primo film tratto da Sciascia e questo ultimo passano 12 anni. In questi 12 anni Gian Maria come è maturato! Ha raggiunto una capacità di interpretazione a levare, a diventare sasso, pietra, peso specifico di pensiero, anzi di sottopensiero. Vi era in lui la conoscenza dei fatti, l’esperienza.»
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«Il cinema non deve essere solo arte del possibile, ma a volte anche dell’impossibile.» (Gian Maria Volonté).
About Alessandra Quagliarella
Di Bari dove ha frequentato il liceo classico Socrate e si è laurea in Giurisprudenza. Da sempre appassionata di cinema. Nel 2013 ha frequentato il Seminario residenziale di Critica Cinematografica organizzato dalla rivista di settore I duellanti nell'ambito del Bobbio Film Festival ideato e curato dal maestro Marco Bellocchio, nonché il corso di Storia del Cinema presso l'Uniba - Università di Bari a.a.2012/2013. Ideatrice della rubrica "Cinema e Psiche" su Cinemagazzino, rubrica che si propone una riflessione sulle vicende dell’animo umano tramite l’analisi del linguaggio espressivo di quel cinema che se n’è occupato. Nel 2015-2016 ha curato e condotto due trasmissioni sul cinema: 'Sold Out Cinema' e 'Lanterna Magica, 'entrambe su Controradio Bari. Nel 2023 ha curato la rassegna cinematografica collegata al Corso diretto dalla prof.a Francesca Romana Recchia Luciani per le Competenze trasversali con oggetto la Violenza di genere dell'Università di Bari. Nel luglio 2023 ha collaborato alla rassegna 'Under Pressure, azioni e reazioni alla competizione' e nell'ottobre 2023 ha partecipato all'evento 'Taci, anzi parla. Il punto sulla violenza di genere' con un intervento sul film 'Una donna promettente', entrambi organizzati dall'associazione La Giusta Causa.