Nei primi anni ’70, grazie ai consensi ricevuti per il lungometraggio Chi sta bussando alla mia porta? (Who’s that knocking at my door?, 1969), Martin Scorsese sbarca ad Hollywood. Qui gira quasi in successione due film che presentano due elementi indicativi dello scenario culturale del periodo: il personaggio principale è una donna e vengono girati on the road.
Se il film on the road rappresenta l’attenzione all’esterno intesa come volontà di uscire dal perfezionismo patinato degli studios per cogliere le istanze di una realtà in profondo cambiamento, tra le trasformazioni in atto, quella delle donne è di certo tra le più clamorose, tanto da poter affermare che l’identità femminile sia stata all’epoca letteralmente ridisegnata.
Di questo Scorsese è ben consapevole e lo ritrae con chiarezza e rispetto, partendo dal personaggio di Bertha in America 1929, Sterminateli senza pietà.
AMERICA 1929, STERMINATELI SENZA PIETÀ (Boxcar Bertha)
Anno: 1972
Origine: Usa
Durata: 92′
Bertha Thompson (una giovane e solare Barbara Hershey), è la protagonista di questo film ambientato nell’America della depressione economica del 1929. Tratto dall’autobiografia di una sedicente ex sindacalista, a grandi linee ricalca la trama di Gangster Story di Arthur Penn (1967).
Quel che è originale è proprio il suo personaggio, specchio della nuova donna che nei primi anni ’70, in piena rivoluzione sessuale, si sta affermando.
Il film si apre con un primissimo piano degli occhi di Bertha che guarda un aereo nel cielo: è il suo sguardo che seguiremo in questa storia, uno sguardo diverso dai precedenti. Bertha è una donna giovane, disinibita, vive il sesso con naturalezza. Liberata dagli obblighi della società e dalla doverizzazione dei ruoli, non ha bisogno di un uomo da cui essere protetta per vivere; può decidere di amare non per convenzione ma per scelta, anche fino alle estreme conseguenze, parimenti scelte.
Il che è tanto più rivoluzionario se consideriamo i modelli femminili proposti da Hollywood fino a poco prima: Doris Day, Marilyn Monroe, Sandra Dee, Jane Mansfield. In un miasma di bionde cotonate con occhioni sgranati irrompe Bertha-Barbara.
La nostra giovane protagonista non ha trucco, i suoi capelli sono sciolti e lunghi, non ha vestiti alla moda, sembra una ragazza dei figli dei fiori, benché il film sia ambientato nel 1929; in definitiva Scorsese vuole proprio che rifletta, anche visivamente, la nuova identità femminile.
Il film, prodotto da Roger Corman, fondatore della American Indipendent Picture (che aveva al suo attivo giovani promesse del cinema quali Francis Ford Coppola, Peter Fonda, Jack Nicholson), si inserisce nel movimento della New Hollywood, che strizzava ambedue gli occhi alla controcultura americana. Cogliendo le crepe del sogno made in Usa ed evidenziando la ventata di rinnovamento culturale, tra cui appunto la rivoluzione sessuale ed il movimento femminista di emancipazione della donna, si esaltava l’individuo come protagonista che cerca una nuova identità. Quale miglior esempio delle donne!
È Bertha che corre più veloce.
«Hey rallenta…non ce la faccio a correre così…aspetta!», esclama uno dei suoi compagni di rapina durante una fuga.
È Bertha che rifiuta di stare in un angolo a guardare:
– Tu rimani qui.
– Col cavolo che rimango qui!
Bertha è un personaggio nuovo, provocatorio come il suo corpo disinibitamente esibito, destabilizzante come la donna che si afferma nei primi anni ’70.
Una donna che infine si salva dalla violenza degli uomini e scappa sull’ennesimo treno preso al volo.
Il vagabondare on the road continua con Alice, protagonista del successivo Alice non abita più qui.
ALICE NON ABITA PIU’ QUI (Alice doesn’t live here anymore)
Anno: 1974
Origine: Usa
Durata: 112′
Alice (Ellen Burstyn, che per questo ruolo vinse l’Oscar) è una giovane vedova che abbandona il New Mexico con il figlio 12enne, nella speranza di riprendere una carriera di cantante, interrotta dopo il matrimonio.
I titoli di testa ricalcano nella grafica e nel mieloso commento musicale che li accompagna le commedie sentimentali degli anni ’50; nulla è cambiato da allora? Non proprio!
La sequenza iniziale, per la quale fu speso gran parte del budget, ci mostra Alice bambina mentre canta, ripresa in uno scenario agreste dai colori artificiali e caricati, con predominanza di rosso (passione), in uno stile che riecheggia il Il mago di Oz del 1939 con Judy Garland.
Con un’ellissi temporale di 27 anni, nella seconda sequenza ritroviamo Alice nel 1974: la musica di sottofondo questa volta è il rock e i colori sono naturali, quasi pacati. L’adulta che è diventata prende per mano la bambina che era con i suoi sogni e le sue passioni (prima fra tutte il canto) per portarla al compimento di sé, in piena autonomia, senza aggrapparsi a ganci esterni e falsi bisogni.
Alice, continuando il percorso iniziato da Bertha, è una donna che va sempre più verso se stessa, cercando di realizzare i suoi progetti (che per borghese convenzione dopo il matrimonio venivano sacrificati), liberandosi dal finto bisogno di un uomo da cui essere protetta e trovando forza nell’amicizia e nella solidarietà femminile.
Dal monologo di Alice:
«Mio marito mi disse: “Mia moglie non deve cantare in un saloon!”. E io: “Sì, padrone!” Ma fui contenta…era un po’ la mia idea di uomo forte e dominatore. Ero così innamorata di Dan. Cercavo di accontentarlo sempre, comunque di non dispiacerlo. Sentivo sempre che era lui a prendersi cura di me, ma non era vero…ne avevo l’impressione solo perché lui era lì.»
Anche Alice, man mano che la narrazione procede, ha un’immagine sempre più liberata: dai rassicuranti vestiti a fiorellini passa ai jeans, dai fazzolettini in testa ai capelli sciolti e lisci, senza trucco, senza ingolfamenti di sorta, senza bisogno continuo di seduzione esteriore.
È una donna che impara a prendersi cura di sé. Quando incontra un secondo uomo, Ben (Harvey Keitel) che le piace e con il quale inizia una relazione, è capace di dirgli no nel momento in cui si rivela essere un violento.
Un elemento costante della nuova identità è proprio questo saper dire no ad un uomo che mal regge e sopporta la forza femminile, che, pretendendo di far del bene, fa in realtà del male, nascondendo dietro l’ossessione amorosa la propria violenza pronta ad esplodere. Tanto più ha fiducia in sé e nelle proprie forze, tanto più la new woman di Scorsese non cade nella trappola dell’amore che tutto sopporta e sacrifica, riuscendo a porre sé al centro della propria vita.
Qualcosa di molto simile succede anche a Betsy ed Iris nel successivo lungometraggio, Taxi Driver.
In questo caso non siamo più on the road ma nell’habitat naturale di Scorsese: New York, vale a dire il centro del centro del mondo!
Origine: Usa
Durata: 113′
Betsy (Sibyl Shepard) è da subito oggetto dell’ossessione e del bisogno di Travis Bickle (Robert De Niro) che la definisce con queste parole nel primo momento in cui la vede, vestita di bianco, in una ripresa al ralenti:
«Un angelo…è sola ma loro non osano nemmeno sfiorarla.»
Nel primo approccio, Travis, attribuendo a Betsy quello che in realtà lui sente, cerca di crearsi un varco facendo leva sull’ancestrale bisogno della donna di sentirsi protetta e sulla conseguente paura della solitudine:
– Salve! Lei è la donna più bella che abbia mai visto…vuol prendere un caffè con me?
– Perché dovrei?
– Perché lei si sente sola…non è felice…ha bisogno di qualcuno, di un amico…sarò il suo cavaliere.
Più o meno le stesse parole pronuncia il magnaccia Sport-Matthew (Harvey Keitel) nell’orecchio di Iris (Jodie Foster) per convincerla a non mollarlo:
«Per me tu sei tutto; sarei perso senza di te…ho tanto bisogno di te…sono un uomo fortunato perché ho una donna che mi vuole e ha BISOGNO di me…è questo che mi permette di vivere.»
Ovviamente la solfa può funzionare con un’adolescente quale Iris, ma non attecchisce su Betsy, la quale, sebbene inizialmente incuriosita, non esita ad allontanare un soggetto inquietante quale Travis. Betsy è una donna indipendente, lavora, vive da sola, può concedersi ciò che vuole per il suo bene che sa discernere senza essere governata dal bisogno; una donna ancora più consapevole del proprio valore.
Un’affermazione di indipendenza non scontata, visto che la trappola del ricatto sentimentale è sempre dietro l’angolo e tutt’ora porta a giustificare ogni tipo di violenza, anche quella estrema del femminicidio.
La reazione dell’uomo non accettato nel suo ruolo vetero-imputridito è il giudizio negativo, la non comprensione, il non rispetto. A commento del rifiuto subito, Travis afferma:
«Fredda e insensibile…ce n’è tanta di gente così, specialmente le donne…sono tutte uguali!»
Di fronte ad una donna che non ha bisogno di essere salvata perché ha imparato a salvarsi da sola, la pretesa superiorità maschile che Travis cerca di affermare per trovare un senso alla sua vita allo sbando non può che orientarsi su un’adolescente, per di più tossicodipendente, per di più prostituta.
Ma alla fine sia Betsy che Iris vanno via, la prima per rifiuto di un rapporto non sano, la seconda per tornare ad una vita sana. Entrambe determinando lo stesso effetto: è l’uomo (Travis) a restare solo.
Le donne, di fronte alla violenza degli uomini, se ne vanno via sempre nelle storie di Scorsese.
È la nuova identità femminile che si afferma, una donna che rispetta se stessa e si pone al centro, che afferma una nuova cultura.
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About Alessandra Quagliarella
Di Bari dove ha frequentato il liceo classico Socrate e si è laurea in Giurisprudenza. Da sempre appassionata di cinema. Nel 2013 ha frequentato il Seminario residenziale di Critica Cinematografica organizzato dalla rivista di settore I duellanti nell'ambito del Bobbio Film Festival ideato e curato dal maestro Marco Bellocchio, nonché il corso di Storia del Cinema presso l'Uniba - Università di Bari a.a.2012/2013. Ideatrice della rubrica "Cinema e Psiche" su Cinemagazzino, rubrica che si propone una riflessione sulle vicende dell’animo umano tramite l’analisi del linguaggio espressivo di quel cinema che se n’è occupato. Nel 2015-2016 ha curato e condotto due trasmissioni sul cinema: 'Sold Out Cinema' e 'Lanterna Magica, 'entrambe su Controradio Bari. Nel 2023 ha curato la rassegna cinematografica collegata al Corso diretto dalla prof.a Francesca Romana Recchia Luciani per le Competenze trasversali con oggetto la Violenza di genere dell'Università di Bari. Nel luglio 2023 ha collaborato alla rassegna 'Under Pressure, azioni e reazioni alla competizione' e nell'ottobre 2023 ha partecipato all'evento 'Taci, anzi parla. Il punto sulla violenza di genere' con un intervento sul film 'Una donna promettente', entrambi organizzati dall'associazione La Giusta Causa.