«Television is the new frontier. Film is conservative. I’m sick of it.» La Campion affronta con un’energia ed un entusiasmo del tutto singolari questo suo esordio nel mondo delle tv-series, e si vede.
Il lavoro fatto insieme a Garth Davis (giovane regista di pubblicità australiano) con Top of the Lake è notevole.
Girare in un contesto mozzafiato come quello della Nuova Zelanda (indimenticabile, meraviglioso sfondo della saga jacksoniana de Il signore degli anelli), ha consentito loro di sfruttarne la forza intrinseca e di concedersi virtuosismi generalmente sconosciuti al piccolo schermo.
Le riprese dall’alto, con l’elicottero (l’espediente narrativo delle ricerche di Tui si rivela, in questo senso, ideale), oltre a regalare scorci da National Geographic, contribuiscono a trasmettere l’idea di una natura incombente, maestosa, all’interno della quale l’uomo e le sue vicissitudini sembrano perdersi.
La fotografia regala un’alternanza di chiaroscuri che incanta e che commenta e si collega a stati d’animo, specifici personaggi, situazioni; i colori in questo senso – tendenzialmente caldi per le donne, freddi per gli uomini – guidano lo spettatore.
La narrazione degli eventi, come nei “gialli” tradizionali, è costruita in modo da consentirne al pubblico solo progressivamente la finale comprensione e questo intento è supportato anche visivamente: i campi di ripresa molto spesso escludono parte dell’azione, lasciando ai suoni e alle voci fuori campo il compito di descriverla. Rami, ombre, edifici, montagne, permettono soltanto una visione parziale. Anche lo spettatore, come la protagonista, viene messo in una condizione di disagio, di difficoltà.
Quella di Robin è poi una condizione particolare perché non solo non conosce la chiave risolutiva del caso, ma anche fatti riguardanti il suo stesso passato, la sua identità.
La sua, non è una figura convenzionale di “detective”: il mistero che si occupa di risolvere la coinvolge in prima persona, emotivamente e intimamente. Innanzitutto per la sua passata esperienza di stupro, e poi per alcune rivelazioni che la toccheranno da vicino. Il suo essere donna la distingue dalla numerosa serie di “cugini detective” che la letteratura televisiva possiede (principalmente di sesso maschile) e legittima lo sviluppo di certi temi e l’acquisizione di uno specifico punto di vista.
La Campion, usa a questo tipo di tematiche, le affronta con tatto e con un’ironia che rivelano una (non superficiale) consapevolezza. Quando qualcuno dei poliziotti scherzosamente appella Robin “Miss Marple”, ci rendiamo immediatamente conto della distanza che intercorre tra lei e l’attempata signora con l’hobby dell’investigazione. Quello di Robin non è un personaggio “prêt à porter”, intercambiabile, quasi macchiettistico – come la tradizione televisiva spesso ha voluto per le investigatrici donne (si pensi ad esempio alla Jessica Fletcher de La Signora in Giallo) – ma un personaggio cinematografico in tutti i sensi. È analizzato a tutto tondo, è problematico, è vero protagonista.
Lo studio evidente dietro alla colonna sonora (minimal ma evocativa), alla scelta dei costumi (molto casual, di taglio neutro se non maschile), del makeup (pressoché assente), dei colori, della tipologia delle riprese, amplifica una storia di per sé ben costruita e fa di Top of the Lake un prodotto che a definire televisivo, par quasi di sminuirlo.
(continua…)
– Top of the Lake: L’AMBIENTAZIONE
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About Elena Cappozzo
Dopo la laurea in Filologia Moderna a Padova, studia Film Writing a Roma. Sognando di scrivere “per”, scrive “di” (cinema) qua e là, accendendo ogni tanto un cero a San...SetBlv. Il grande schermo è il suo primo, assoluto amore ma le capita con discreta frequenza di tradirlo con quello della tv e persino con quello del pc (quella da Youtube e serie tv è in realtà una dipendenza piuttosto grave, no judging.)