Regia: Daniele Ciprì; Interpreti: Sergio Castellitto, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi, Jacopo Cullin, Ivan Franek; Origine: Italia; Anno: 2014; Durata: 90’
Armando è appena uscito di prigione dove ha scontato 27 anni per rapina e omicidio. Arrivato in città, incontra un simpatico cagnolino, la dolce barista Carmen e un avvocato misteriosamente gentile. Cosa vuole costui?
Daniele Ciprì, magistrale direttore della fotografia, torna alla regia dopo il brillante successo di È stato il figlio, presentando La buca, pellicola che ha molti punti di contatto, nei contenuti, con il film precedente, ma una certa divergenza per quanto concerne il registro e lo stile. Immediatamente, infatti, fin dai titoli di testa, capiamo che si è optato per una narrazione farsesca e teatrale con richiami al cartone animato. Ciò è stato ottenuto con la caratterizzazione dei personaggi (soprattutto nell’abbigliamento e nel modo di essere), con i luoghi ricorrenti non ben definiti nel tempo e nello spazio (il bar di Carmen, la strada, la buca, il tribunale, la nave, ecc.) e con l’onnipresente commento musicale di Pino Donaggio. A ciò si aggiunga una luce “ovattata” e sognante che lascia spesso spazio alle ombre. Sotto questo punto di vista non si può non ricordare l’ultima fatica dei fratelli Coen A proposito di Davis: in tal senso la Citroen DS5 che viaggia tra i campi innevati è un “déjà-vu” fortissimo. Dopo i primi 20 minuti, nei quali il film fatica davvero a decollare, il ritmo diventa più coinvolgente.
L’avvocato Oscar è un “azzeccagarbugli” misantropo che inscena incidenti e si appella a cavilli del diritto, pur di ricevere copiosi risarcimenti. Proprio davanti alla sua abitazione, sulla strada, si è andata formando una grossa buca, ideale per una delle sue truffe. La buca quindi è un po’ l’emblema di quei problemi che possono affliggere uno Stato, uno a caso, e che talvolta non vengono risolti perché possono essere fonte di arricchimento per i più subdoli e scafati. E spesso un disagio per la comunità può costituire un vantaggio per i disegni egoisti di un singolo individuo. Questa realtà si scontra con l’ingenuità del povero Armando, personaggio che richiama vistosamente il Tancredi di È stato il figlio: entrambi sono vittime di un grosso malinteso e, soprattutto, dell’egoismo e dell’arrivismo dei loro amici e parenti più cari. Tutta questa fame di denaro soffoca i sentimenti più semplici e profondi, ma forse un modo per rievocarli è possibile…
Nel complesso si tratta di una pellicola curata e studiata ma che deve fare i conti con uno stile poco amato e una trama più prevedibile di quanto non voglia essere. Anche se ogni film dovrebbe essere analizzato nella sua singolarità, è difficile non ripensare, viste le citazioni e i richiami che lo stesso film propone, all’assolata Sicilia e alla genialità dell’opera precedente che in qualche modo svilisce quest’ultima. Qui il registro adottato non lascia troppo spazio al “pathos” e i sentimenti, positivi e negativi, sono superficiali e caricaturali. È stato il figlio, invece, conferiva, sia pur con momenti di ilarità, una drammaticità e una carica emotiva forte.
VOTO: 5 e mezzo

About Frank Stable
Nasce a Moncalieri (TO) il 30 Maggio 1992, si laurea nel 2018 in Medicina e Chirurgia presso la facoltà di Torino. Benché in famiglia abbia sempre respirato una certa attenzione al cinema la vera passione nasce durante il Liceo Scientifico grazie alla preziosa e ispirante programmazione del canale satellitare "CULT". Sarà il film "Vodka Lemon" di Hiner Saleem a sancire la svolta e trasformare l'interesse in passione. Al di fuori del cinema i suoi interessi sono per le automobili, i viaggi e la fotografia di viaggio, la tecnologia e la grafica.