Titolo originale: The visit; Regia: M. Night Shyamalan; Interpreti: Olivia DeJonge, Ed Oxenbould, Deamna Dunegan, Peter McRobbie, Kathryn Hahn, Origine: USA; Anno: 2015; Durata: 94′
Una premessa innanzitutto. I film del genere horror et similia non li guardo dal lontano 2004 quando un caro amico mi costrinse a noleggiare il dvd di Saw – L’enigmista. Dopo 17 minuti di film estrassi il dvd dal lettore e, fissando il mio amico con odio, lo costrinsi a riportarlo da Blockbuster. Eppure era il mio genere preferito da bambina, quando Dario Argento e lo scrittore Stephen King erano i miei miti e mi dilettavo a scrivere pseudo sceneggiature di film del terrore che recitavo con i miei amici, anch’essi appassionati del genere.
Poi da un momento all’altro ho smesso, ma la mia idiosincrasia per le bambole, per la quale ringrazio Profondo rosso, e la paura per le oscure forze del male istillatomi da una scena de L’esorcista intravista in tenera età, me li porterò dentro per sempre.
Quando un’altra cara amica d’infanzia mi ha suggerito calorosamente di vedere sulla piattaforma Netflix il film The visit (dopo aver cercato invano di convincermi ad accompagnarla al cinema a vedere It) inizialmente le ho riso in faccia.
È stata la sua disinteressata ma cocciuta insistenza a farmi pensare che doveva proprio valerne la pena. E così è stato.
The visit è un film intrigante, ben costruito, tassello dopo tassello, in un crescendo di tensione che fa saltare dalla sedia (nel mio caso dal letto che io ho preferito per potermi nascondere sotto le lenzuola nelle scene più terribili) senza utilizzare nel senso classico le tematiche tanto care al genere.
Nella pellicola non compaiono fantasmi o strani fenomeni di poltergeist, non viene scomodato il diavolo e non c’è mai traccia di sangue o scene molto violente.
Allora in che modo riesce a terrorizzare? Beh, vedetelo e capirete perché… Io vi dirò molto poco per non rovinarvi la sorpresa.
Sappiate solo che Shyamalan ritrova la carica inquietante di The Sixth Sense pur trattando qualcosa di molto diverso.
Il film è girato interamente in soggettiva, le scene vengono mostrate dall’angolazione visiva ed emotiva dei protagonisti Tyler e Becca, due fratelli di 13 e 15 anni.
Becca, appassionata di documentari, decide di riprendere con la sua videocamera ogni singolo momento dell’esperienza che lei e il fratello stanno per fare: incontrare per la prima volta i nonni materni che non hanno mai conosciuto, perché avevano litigato con la loro madre anni addietro. A Tyler viene data la videocamera di una macchina fotografica e affidato il ruolo di assistente di seconda camera.
Lo stile tra il mockumentary e il found footage dona grande intensità drammatica alla pellicola e la presenza non di uno, ma di due punti di vista differenti permette una maggiore dinamicità di espressione oltre ad essere il pretesto per una breve disquisizione metacinematografica tra i due fratelli.
Durante la settimana di permanenza dai nonni, ogni cosa che accade ai due ragazzini ha un lato oscuro, sinistro, che viene però subito illuminato dalla luce delle spiegazioni logiche e razionali che viene data dagli strambi nonnetti. Spiegazioni che Becca accoglie, mentre Tyler, maggiormente diffidente, no.
A turbare è proprio questo virare improvviso nel campo dell’inquietante per poi rientrare nei canoni della tranquilla normalità.
>L’atmosfera che i nipoti troveranno al loro arrivo a casa dei nonni è rassicurante: due simpatici e sorridenti vecchietti e una bella casa accogliente con un grande forno dal quale escono sempre torte calde… quando non ci entrano i bambini, come nella famosa e perturbante favola di Hänsel e Gretel.
About Ivana Mennella
Partenopea di nascita e spirito, ma milanese di adozione, si trasferisce all’ombra della bela Madunina nel 2007. A 10 anni voleva fare la regista. A 20 la traduttrice per sottotitolaggio e adattamento dialoghi. A 30 la sceneggiatrice. A 40 sa con certezza una sola cosa ossia che il cinema è ancora e resterà sempre la sua più grande passione.