Zev, un anziano ebreo affetto da demenza senile, è ricoverato in un ospizio assieme all’amico Max con cui ha condiviso gli orrori della deportazione. Questo, costretto su una sedia a rotelle, gli chiede di partire per l’America alla ricerca del nazista responsabile dello sterminio delle loro famiglie e finalmente vendicarsi.
Memoria storica, memoria individuale e loro manipolazione si intrecciano in questa caccia all’uomo di stampo così classico da sfociare nel geriatrico, con i suoi protagonisti ultraottuagenari e la struttura a tappe con sorpresa finale.
Ottimi ingredienti, dal cast alla musica (che nella scena alla frontiera è l’unica deputata alla costruzione di una riuscita suspense), godibile il risultato, per quanto il tema venga gridato fin dal titolo e ribadito instancabilmente (perfino il poliziotto lascia andare Zev senza fiatare perché la pistola che gli ha trovato addosso gli ricorda la sua prima).
Interessanti e numerose ma tutto sommato risapute le declinazioni del ricordo esplorate in Remember: vendetta come incapacità di dimenticare, identità come insieme delle memorie (potenzialmente fallaci), la propria storia come marchio indelebile resistente ad ogni tentativo di oblio (il nazista deve necessariamente morire anche se…).
L’articolazione delle stesse si incastona in una scrittura e una regia pulite, convenzionali, memori dell’ampia tradizione di genere americana. Coerente (troppo?) ma – è il caso di dirlo – non indimenticabile.