WHO. Tra le tante novità, tematiche e formali, che Jessica Jones porta nell’universo Marvel, c’è il fatto che assoluta protagonista sia una donna e che nell’intero cast le donne siano se non in maggioranza, sicuramente i personaggi più forti e tra i più incisivi. Jessica, prima di tutti, eroina riluttante che cerca di uscire dalla terribile esperienza vissuta (ma anche prima di Kilgrave doveva convivere con la morte dei genitori e del fratello) arrancando in una vita fatta di sbronze, lavoro come investigatrice privata, sesso occasionale, solitudine e molti, troppi rimorsi. Il suo carattere non è per nulla accomodante, piuttosto ha la tendenza a rispondere male, reagire bruscamente e allontanare chiunque cerchi di avvicinarsi. Ma la corazza che indossa in pubblico (connotata anche dal colore nero del giubbotto, della sciarpa e dei capelli) inevitabilmente si sgretola quando rimane sola ed è assalita dagli incubi del passato, attimi in cui sente la voce di Kilgrave e che la lasciano ancora sconvolta, o quando ritorna ossessivamente a osservare le persone che ha ferito costretta da lui. Krysten Ritter rende benissimo le sfumature del carattere di Jessica, passando senza sforzo dall’insolenza alla fragilità, e dà spessore ad un personaggio femminile complesso e affascinante.
A fianco della protagonista c’è Trish, migliore amica, sorella acquisita e perfetto doppio di Jessica, anch’essa vittima di una violenza psicologica che l’ha segnata in profondità, in quanto esercitata su di lei dalla madre, che da bambina l’aveva resa protagonista di uno show televisivo, intrappolandola in un ruolo asfissiante e non permettendole di avere una propria vita. Altro personaggio femminile importante è poi Jeri Hogarth, interpretata da Carrie-Anne Moss, avvocato senza scrupoli, ma donna sfaccettata e intrigante (nel fumetto era un uomo), che affida a Jessica numerosi casi e che assume la difesa di Hope Shlottman, ultima vittima di Kilgrave.
I personaggi maschili, seppur meno significativi, sono costruiti in modo altrettanto efficace. Kilgrave è quello che colpisce maggiormente, non solo per il suo ruolo di antagonista, ma per l’accuratezza e l’acume con cui è realizzato e interpretato. Presenza tangibile fin dalla prima puntata, nonostante appaia concretamente solo alla fine della seconda e il faccia a faccia con Jessica sia ancora rimandato, Kilgrave – vestito di varie sfumature di viola, colore che nel fumetto caratterizzava anche la sua pelle e lo designava come Purple man – emana un’aura di terrore e tensione che lo spettatore avverte continuamente e che non è smentita neppure dall’entrata in scena effettiva del personaggio. David Tennant offre una performance eccellente, dando vita ad un uomo contraddittorio e inquietante (chiunque l’abbia conosciuto in Doctor Who rimarrà ancora più terrorizzato), grazie anche alla sceneggiatura, che non lascia capire immediatamente la sua vera natura: è allo stesso tempo terrificante e tuttavia interessante, disarmante e spiazzante nella sua efferatezza, proprio perché non si comprende quanto sia consapevole delle sue azioni (comunque agghiaccianti) e quanto vittima del suo passato e del suo potere.
Gli altri comprimari, in particolare Luke Cage, Will Simpson e Malcolm Ducasse, permettono di ampliare la prospettiva e inserire punti di vista altri rispetto a quello di Jessica, oltre a istituire legami più stretti con l’universo Marvel: il progetto infatti prevede la creazione di altre serie tv con protagonisti Luke Cage e Iron Fist, che insieme a Jessica e a Daredevil (protagonista della prima serie Marvel, in onda su Netflix) formeranno la squadra dei Defenders, a cui sarà dedicato un ulteriore progetto televisivo.
WHERE. Unica location di tutta la serie è New York. Il lato della città che viene mostrato in prevalenza è quello dei bassifondi, buio, sporco, cupo, visto prevalentemente di notte, per cui il produttore Jeph Loeb ha affermato che l’ispirazione principale è stato Chinatown di Polanski (ma è quasi inevitabile non ricordare Taxi Driver di Scorsese).
L’atmosfera claustrofobica è data da ambienti in prevalenza chiusi e spesso fatiscenti. L’appartamento di Jessica, innanzitutto, desolante, con la porta rotta, scarafaggi che si aggirano per il bagno, soffitti scrostati; ma anche quello di Luke Cage non è molto migliore, per non parlare dell’abitazione di Malcolm, il vicino tossicodipendente di Jessica; e in generale tutto il palazzo in cui vive la protagonista non è sicuramente un posto confortevole.
Non mancano luoghi che a prima vista sembrano più accoglienti, come la casa di Trish o quella d’infanzia di Jessica, ma subito si rivelano inospitali, per nulla protettivi (la casa di Trish è una sorta di bunker-fortezza, non esattamente un posto in cui sentirsi a proprio agio), spesso profanati dalla presenza di Kilgrave. Allo stesso modo gli esterni o i luoghi pubblici, con il flusso di persone che continuamente li attraversa, sono il migliore “nascondiglio” per il nemico, che potrebbe essere dappertutto o da nessuna parte, metafora indovinata – purtroppo – della paura che attanaglia il mondo occidentale in questo periodo: una minaccia invisibile e che può colpire in ogni momento, da cui non si è mai al sicuro.
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About Alessandra Pirisi
Tra i fondatori di Cinemagazzino, ne è stata redattrice e collaboratrice fino al dicembre 2018. Laureata all’Università di Bologna in Lettere moderne. I suoi interessi vertono su letteratura (suo primo amore), teatro, danza, cinema, musica e Bruce Springsteen. Si interessa – molto – a serie tv, in particolar modo poliziesche. Ha un'ossessione totalizzante per il cinema indiano.