HOW. COSTRUZIONE DELL’ATMOSFERA
Come narrare la storia di un serial killer cannibale (interpretato da Mads Mikkelsen) e del profiler che gli dà la caccia (Will Graham, interpretato da Hugh Dancy) senza limitarsi alla semplice confezione del crime, del procedural o dell’horror e rischiare di scadere nel banale o già visto? Fuller decide di puntare sulla qualità e sull’idea di uno spettatore capace di interessarsi a uno show complesso, che ponga una sfida a livello di temi e di forma. In linea con una tendenza che ormai si riscontra in parecchi prodotti televisivi, l’approccio alla creazione della serie è in termini cinematografici, come un film suddiviso in varie puntate. Da ciò deriva una qualità tecnica e narrativa molto alta (esplicitata anche dai modelli di riferimento, primi tra tutti Lynch, Cronenberg e Kubrick, omaggiato più di una volta).
La sceneggiatura è senza dubbio il cardine, la colonna portante dello show, con una scrittura mai banale, costruita secondo una progressione di tensione che non cede un secondo. Il principio d’ispirazione per la costruzione della suspense è, a detta dello stesso Fuller, quello utilizzato da Hitchcock per tutti i suoi film: «What we have is Alfred Hitchcock’s principle of suspense – show the audience the bomb under the table and let them sweat when it’s going to go boom».
Ogni stagione è strutturata in modo diverso, mostrando chiaramente il cambiamento del fulcro; i dialoghi sono sempre piuttosto elaborati, con un lessico complesso e riflessioni di natura psicologica e morale che prendono spunto dalla storia raccontata.
La regia è uniforme per tutte le puntate, nonostante sia affidata a registi diversi, e contribuisce a creare l’atmosfera con movimenti di macchina molto calibrati, spesso anche virtuosistici, ricorsi allo slow motion e al time-lapse, inquadrature totali che mettono in risalto la simmetria interna. La costruzione delle scene è molto accurata, così come il montaggio, che spesso è utilizzato per suggerire o svelare allo spettatore dettagli di cui i personaggi sono all’oscuro (principio della suspense di Hitchcock) attraverso raccordi ben congegnati. L’ambiguità e l’eleganza sono le caratteristiche che danno il tono generale: cromaticità cupe spesso tendenti al grigio scuro, al marrone e al metallico (nonché una predilezione per il rosso…), forte contrasto tra luci e ombre con prevalenza di scene scure e “notturne” e luci fredde, molti controluce a indicare la difficoltà di vedere i personaggi (e Hannibal in particolare) per quello che realmente sono. La colonna sonora curata da Brian Reitzell, oltre ai brani di musica classica che sono la passione dello psichiatra, utilizza sonorità sorde e stridenti, fondamentali per la creazione di un’atmosfera tesa e inquietante – un esempio emblematico è la sigla iniziale.
Numerosissime sono le sequenze oniriche: sia che si tratti di sogni/incubi veri e propri, allucinazioni, conseguenza di ipnosi o di malattie neurologiche o della ricostruzione nella mente di Will degli omicidi su cui indaga, l’elemento onirico è costante, con lo scopo da una parte di immergere lo spettatore nel clima al limite del paranoico in cui si muovono i personaggi (e Will Graham in particolare), dall’altra di ricordare il carattere metaforico e “fantastico” della serie. E nonostante la generale cupezza, non manca l’ironia, sottile e difficile da percepire, ma sempre presente, soprattutto durante le cene preparate da Hannibal, quando gli ignari invitati si complimentano per le pietanze. La consapevolezza dell’inverosimiglianza della trama si svela in un’autoironia che instaura una complicità ancora più forte tra autore e spettatori (e che i Fannibals, come si autodefiniscono i fan della serie, hanno colto e sviluppato a fondo).
CIBO E DELITTI
Un discorso a parte meritano due elementi fondamentali: cibo (preparato da Hannibal) e delitti (commessi – spesso ma non esclusivamente – da Hannibal).
Quasi un altro protagonista della serie è il cibo, o meglio, i piatti preparati da Hannibal. La food stylist della serie, Janice Poon, è l’autrice delle meravigliose pietanze che in ogni puntata vengono servite da Lecter ai suoi ospiti (avvalendosi anche della consulenza dello chef José Andréas). Uomo colto e raffinato, Hannibal è infatti anche un appassionato di alta cucina e di piatti elaborati che ama preparare personalmente. Ingrediente preferito? Carne, ovviamente. E tutta di prima scelta… Per procurarsela Hannibal si serve da un “macellaio etico”, come afferma in una puntata: lui stesso. Ed ecco il legame diretto con molti degli omicidi su cui Will e Jack indagano: lo Squartatore di Chesapeake, che, una volta uccise le sue vittime, tiene per sé gli organi, è proprio lo stimato psichiatra.
Oltre ad un gran numero di ricette, Hannibal possiede anche una lunga serie di biglietti da visita da cui sceglie le sue vittime. E la scelta cade, spesso, su coloro che, oltre ad essere in buona salute, hanno avuto atteggiamenti particolarmente scortesi e maleducati: la cortesia, l’educazione e il garbo sono requisiti essenziali per vivere – letteralmente. La preparazione dei piatti e lo splendido risultato finale sono un altro elemento fonte di sensazioni contrastanti nello spettatore, emblema della combinazione di attrazione e repulsione suscitate da Hannibal stesso. La conoscenza del tipo di ingredienti utilizzati provoca disgusto, ma il modo in cui il cibo è presentato non può non far venire l’acquolina in bocca. Perché anche la cucina per Hannibal è arte.
Così come lo è l’omicidio. I delitti sono quanto di più efferato si sia mostrato in tv e la macchina da presa non lesina sui particolari macabri. Allo stesso tempo, sono spesso presentati come “opere d’arte”, accrescendo l’atmosfera disturbante e, ancora una volta, riflettendo la concezione di Hannibal, che vede nell’omicidio un’ulteriore espressione della natura “artistica” dell’uomo. Particolarmente inquietante è il fatto che ogni omicidio venga mostrato come se a commetterlo fosse Will, proprio per far comprendere allo spettatore il grado di immedesimazione che Graham raggiunge quando si trova a dover ricostruire le azioni di un assassino.
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About Alessandra Pirisi
Tra i fondatori di Cinemagazzino, ne è stata redattrice e collaboratrice fino al dicembre 2018. Laureata all’Università di Bologna in Lettere moderne. I suoi interessi vertono su letteratura (suo primo amore), teatro, danza, cinema, musica e Bruce Springsteen. Si interessa – molto – a serie tv, in particolar modo poliziesche. Ha un'ossessione totalizzante per il cinema indiano.